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martedì 22 agosto 2017

Camminando per Falconara - 1.6


 Non c'è cosa più triste, nell'immagine di una città, di uno spazio pubblico, pensato per dare decoro e vivacità, lasciato in stato di incuria. E' una manifestazione di indifferenza verso chi risiede in quella parte dell'abitato.
Alla fine si ottiene un effetto contrario: si sono spesi soldi per abbrutire la città anzichè - anche se solo a livello estetico - migliorarla.
Eppure Villanova non è un brutto quartiere. Nella sua originaria spontaneità espressa con costruzioni basse, per lo più autocostruite nel dopoguerra, sa generare al suo interno un'atmosfera da paese mediterraneo, dove prevalgono le piccole cose: gli alberi da frutto nei piccoli giardini, i tavoli esterni e le carbonelle pronte le le grigliate di pomodori arrosto, le pareti rivestite con le piastrelle d'avanzo a ridosso dei rubinetti dell'acqua, le piccole terrazze...
 Restano ancora alcuni dei piccoli vicoli pedonali che si insinuano tra le proprietà e si vedono ancora bande di bambini scorrazzare liberamente in bici o giocare a pallone in strada. Le donne, alla sera, si radunano ancora con le sedie occupando i marciapiedi dove un filo di corrente d'aria rende più piacevole la chiacchierata.
Rispetto a qualche anno fa è cambiata la fisionomia delle persone, specie dei bambini. Sono più scuri, o più biondi, ma questo non cambia nulla rispetto alla sensazione di essere un passo indietro nel tempo - il nostro tempo, quello in cui è radicata la nostra identità di falconaresi - quando la comunità era basata sul picere dello stare assieme,sul vicinato e sulla disponibilità reciproca all'aiuto, al sostegno, alla considerazione.
Certo, ci sono anche i casi "strani", in cui nella comunità si incasellano altre comunità che tendono a rimanere tali, a non amalgamarsi del tutto.
Ci sono le "encalves" delle famiglie che si autodefiniscono "di etnia rom", ma che sono in realtà cittadini italiani, stanzializzati, che parlano con l'accento abruzzese. Gruppi familiari che poco sopportano le regole fissate dalle istituzioni, tanto che si "piastrellano" tratti di strada pubblica che loro ormai considerano una pertinenza esclusiva; tanto che continuano a compiere piccoli o grandi abusi edilizi sotto gli occhi distratti dei vigili comunali, che tutto cercano meno di impicciarsi con quella gente un pò rissosa, manesca, sempre ai limiti - spesso oltre i limiti - della legalità.
Eppure quelle intempreanze verso la Legge, non influiscono negativamente sulla comunità e sull'immagine complessiva del quartiere. Nei limiti del loro concetto di "libertà", anche le famiglie di origine rom a loro modo si sono integrate. A loro modo rispettano chi a sua volta li rispetta e li lascia vivere.
Ciò che guasta questa parte di città non sono gli zingari, nè tanto meno gli immigrati. Quello che deturpa Villanova e l'abbandono e il disinteresse di chi amministra la città, verso un quartiere vittima dell'inquinamento e dell'isolamento. Una vittima che è meglio non vedere voltandosi sempre altrove.

 L'area sull'incrocio di Villanova, vicino al sottopasso e adiacente alle case dove vivono famiglie rom, è di proprietà comunale ed è lasciata in uno stato di totale degrado. Non è quindi la casa degli zingari, che invece è ben tenuta e pulita, a creare disagio sociale, ma la proprietà comunale...

Dall'altro lato, lì dove c'era la trattoria dove andavano a mangiare i ragazzi di leva di stanza alla caserma Saracini, ora inizia una parte di città abbandonata.
Un abbandono dovuto agli zingari? No  Un abbandono dovuto agli immigrati? Nemmeno...Anzi la prima casa dopo lo spiazzo incolto ha ospitato per anni una piccola moschea gestita autonomamente dai falconaresi di fede islamica.

Anche in questo caso sono le isituzioni, con le loro scelte, a determinare lo stato di degrado di questo lato della ex strada Nazionale perchè in attesa di essere demolito per ospitare il by-pass ferroviario.

E quel tratto di strada non era certo una parte degradata della città, in quanto conserva alcune delle palazzine più belle che si affacciavano sulla strada statale prima che fosse costruito il sottopasso.

Un pezzo di storia di Falconara. Un importante frammento di quell'affresco, ormai in gran parte scrostato, della Falconara felix, quella degli anni trenta, che si immaginava di poter essere una cittadina turistica balneare.

Un tratto di strada che conserva la prima e finora unica pista ciclabile urbana di Falconara, dove la forzata pedonalizzazione aveva resituito una inaspettata serenità e dove sopravvive ancora un circolo dove la genete del posto si ritrova con piacere.

Ma la scelta del by-pass, che è stata voluta dalle isitituzioni pubbliche nel silenzio complice di quasi tutte le forze politiche di partito, è calata come un sudario su queste case, blindate all'esterno perchè non vi possano entrare i clandestini in cerca di un riparo.

E' di una tristezza infinita vedere una città transennata, svuotata, annichilita, in attesa di essere brutalizzata per l'ennesima volta dall'ennesima, inutile infrastruttura utile solo a drenare un pò di soldi pubblici verso le tasche di qualcuno, ma che porterà ancora devastazione e frammentazione in un tessuto urbano e sociale già a pezzi

Cosa pensate che accada in una città abbandonata? Che qualcuno investa tempo ed energie per averne cura? Per renderla più bella?  Certo che no. Accade esattamente il contrario.
La città rifiutata diviene ricettacolo di rifiuti.
Ed ecco che nell'attesa dell'opera pubblica sui marciapiedi crescono le erbacce, qualcuno lascia in strada un furgone che non serve più, qualcun'altro pensa bene di rubare da quel furgone le ruote o la batteria. Tutto diventa relitto e discarica, perchè è la città per prima ad essere diventata relitto di se stessa, per volere delle Autorità.

Quello che può fare la gente, disorientata, frammentata, dispersa, è soltanto esprimere a suo modo un sentmento misto di spaesamento e di rabbia. Quel sentimento  che è oggi la vera, più intima identità di Falconara e che i più giovani, i più poeti, riescono a comunicare attraverso scritte e graffiti.

 Se vogliamo capire la Falconara di oggi, dobbiamo guardare agli occhi sfuggenti dei ragazzi, che di fronte a noi, in pubblico, assumono l'atteggiamento superficiale ed irresponsabile che sempre gli rinfacciamo - perchè è così che ci fa comodo vederli - ma poi, quando sono soli, di nascosto, esprimono quello che hanno dentro l'anima attraverso i disegni.
E sono disegni carichi di voglia di vivere, di disperazione, di tenerezza e di violenza. Forse perchè la vita che cercano non si trova nella realtà ipocrita che continuiamo ad imporgli. Non è nel lasciare che le cose accadono come devono accadere. Non è nella rassegnazione, nei ruoli stabiliti da recitare secondo copione...

Quei disegni tentano di ricucire, in un mondo sotterraneo, ciò che in superficie sta  crollando. E' la ricerca di legami, di rimandi...di bagliori di vita. 
 
Personalemte preferisco questa Falconara sotterranea a quella in superficie e vorrei che la sua anima uscisse a contraddire la città di sopra, ormai morente, inondandola di energia e di sano kaos.

 E già noto con piacere le scritte che escono dai sotterranei, si arrampicano sulle pareti di cemento, scavalcano i pluviali rotti, le griglie di raccolta intasate ed esplodono in frasi che sono uno schiaffo alla morta normalità della superifcie.
 Una è come un dito puntato contro il patetico  egoismo che porta a lamentarci sempre senza agire mai: "El pueblo unido jamas serà vencido"  - Il paese unito non sarà mai vinto -  E' un monito e un'accusa verso una città che non solo è disunita - e per questo è vinta e umiliata- ma si compiace di esserlo, o per lo meno, se ne da una ragione.
 Un'altra,che ha quasi già raggiunto la superficie, è sintetica quanto inaspettata: Transilvania.
Come a ricordare che a Falconara esiste una comunità rumena molto numerosa sebbene invisibile.Invisibile perchè ben integrata.
E se vogliamo pensare alla Falconara di domani, per certo la sua musica avrà anche un sound rumeno.
Ed avrà odore di curry e sapore di kebab.
E sono valori aggiunti, che non negano affatto le sonorità più antiche e i sapori della tradizione, ma anzi ci porteranno alla loro riscoperta.






















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