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sabato 2 maggio 2020

La mascherina della solidarietà



Le TV e tutti gli altri mass media traboccano in questi giorni di belle parole: bontà, solidarietà, fratellanza... e il popolo se ne riempe la bocca e la pancia, e da sfoggio a manifestazioni pubbliche di buoni pensieri, dai balconi o sui social... Politici e filosofi, persino il Papa, tutti esortano ad un cambiamento che di certo avverrà, a seguito della pandemia, nella società che viviamo rendendola più "umana". 
Ma al di là delle parole e dei gesti facili e consolatori io non vedo alcun atto, alcuna riflessione consapevole che dia prova della veridicità delle tante affermazioni positive.
La pandemia, i sacrifici che abbiamo affrontato, hanno coinvolto più o meno tutti in queste settimane. Per cui ciascuno di noi si sente di aver dato, di aver patito, e pensa che sia un suo diritto oggi il rapido ritorno ad una vita normale senza pensarci troppo su, perché a pensarci semmai deve essere lo Stato.
Il fatto è che sappiamo, ma non vogliamo ammettere, che  se la pandemia è stata un problema, ciò che verrà dopo la pandemia sarà, ed è già, un problema molto più grande.
Ciò che tutti sappiamo, ma non vogliamo prendere in considerazione, è che la pandemia e il dopo-pandemia non colpiscono tutti allo stesso modo, perché c'è qualcuno che vede e vedrà il suo stipendio fluire regolarmente nel conto bancario e il suo benessere economico restare inalterato, mentre altri perderanno il lavoro e si troveranno a non sapere più come vivere.
Ciò che tutti sappiamo è che l'entità delle risorse economiche che lo Stato dovrà impegnare per mantenere i milioni di cittadini colpiti dalla disoccupazione forzata, con sussidi, redditi di cittadinanza o cassa integrazione sarà di una dimensione mai vista e tale da rendere inevitabile la bancarotta dello Stato il quale, con tutta probabilità, sarà costretto a prostituirsi nel "mercato globale" mettendo in vendita ciò che ha: le infrastrutture, i beni culturali ed artistici, il paesaggio...
Tutto questo lo sappiamo bene, non siamo così stupidi come vogliamo far credere.
Eppure in mezzo a questo carnevale di belle parole e immagini confortanti non ho sentito nessuno, tra coloro che non hanno avuto alcun danno economico che incida sul loro benessere, che abbia proposto di ridursi anche di poco il suo stipendio o il suo profitto per un solo anno, così da sostenere chi ha davvero bisogno.
Siamo tutti buoni a stigmatizzare la Germania tacciandola di egoismo, ma nel nostro Bel Paese non un imprenditore, non un politico, non un dirigente o dipendente di attività pubbliche e private, che si sia fatto avanti. Silenzio.  
Eppure sarebbe bello sentire un Benetton,un Ferrero o un Del Vecchio che dicesse "io che ho un capitale di decine di miliardi, ne devolvo uno per il mio popolo", o un amministratore delegato che, emulando l'imprenditore dica "do 300.000 € del milione che guadagno in un anno per sostenere il mio Paese", o un dirigente pubblico che dica "do mille euro al mese del mio stipendio di 4000 euro, per chi ha bisogno", sapendo che passare da 4000 a 3000 euro al mese non è poi un sacrificio così grande se pensiamo che la metà degli italiani campa con meno di 1000 euro mensili !

Ma nessuno parla, così come nessuno vuole prendere realmente in considerazione la necessità di una revisione vera e profonda dell'economia, qualcosa di ben diverso da una pennellata di verde e di buonismo.
Eppure questo non ci deve stupire.  La nostra società è fondata sulla falsità e sull'ipocrisia. Sull'indifferenza vestita di bei discorsi. Favole, da raccontare ai bambini per metterli a nanna.

 ” Dopo che l'eroismo è sparito dal mondo, e invece v'è entrato l'universale egoismo, amicizia vera e capace di far sacrificare l'uno amico all'altro, in persone che ancora abbiano interessi e desideri, è ben difficilissimo”.


Così si esprimeva Giacomo Leopardi nello Zibaldone. Lui, come Albert Camus del suo racconto, aveva già messo in evidenza come di fronte alla peste non è la malattia che dobbiamo temere, ma i nostri simili, soprattutto quando si riempono la bocca di belle parole ma, se affoghiamo, ci guardano dalla riva e non fanno niente.
L'unica consolazione, se così si può definire, per chi sarà messo in ginocchio per primo è che il crollo del'edificio in cui tutti viviamo, ai piani bassi come a quelli alti, coinvolgerà alla fine tutti quanti, secondo Natura. E la Natura non fa distinzioni tra ricco e povero. A nulla varranno i tentativi dei ricchi e dei benestanti di comprarsi la salvezza: di tutti i vostri amati denari, di tutti i vostri beni, non saprete che farvene.

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