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martedì 24 gennaio 2012

Libertà, Democrazia , Partecipazione

Il nuovo contratto sociale deve sostituire la logica della competizione tra gruppi (o classi, corporazioni, ideologie, ..) con quella della solidarietà.
L’assurdo della civiltà contemporanea è ben descritto da Marcuse il quale, partendo dall’assunto che l’umanità nel secondo dopoguerra ha già raggiunto un grado di sviluppo tecnologico che rende possibile – per la prima volta nella storia – di sfamare l’intera popolazione mondiale, riteneva inaccettabile un sistema sociale che impone alla maggior parte del pianeta uno stato di dipendenza e di sofferenza.
E’ come se l’umanità, finalmente uscita dalla giungla - dove la sopraffazione del più forte sul più debole è condizione naturale per la sopravvivenza della specie - si dà regole sociali che riproducono ancora la legge della giungla.
La democrazia rappresentativa ed il sistema dei partiti sono l’immagine di una società di classe, dove la libertà è strettamente collegata alla competizione (una libertà individuale e antisociale) e quindi alla sopraffazione. Libertà del più forte di imporre la sua volontà, libertà da obblighi sociali, da precetti morali. E’ la libertà che ha consentito e consente alla classe borghese-finanziaria di governare il popolo. E’, quella della democrazia rappresentativa, una “caricatura” della vera democrazia.

Il nuovo contratto sociale deve potersi riferire invece ad un sistema realmente democratico, fondato sulla solidarietà tra individui e sulla supremazia dell’interesse sociale su quello individuale. Fondato anche su un concetto nuovo di libertà, che sostituisca la dimensione individuale con quella sociale.
Se la libertà individuale ricerca il “disimpegno” sociale e si pone come antitesi alle ragioni della collettività, la libertà sociale si identifica con l’appartenenza al gruppo e con l’impegno con cui l’individuo da vita al vivere sociale.
Il titolo della canzone di Giorgio Gaber “libertà è partecipazione” ben esprime questo concetto nuovo di libertà.
Un altro aspetto che differenzia la libertà sociale da quella individuale è il concetto di “limite” e, meglio ancora, di “autolimitazione” secondo l’accezione data da Alex Langer .
Se la libertà individuale è teoricamente “illimitata” (frenata solo dalla libertà altrui) e si sposa ad un liberismo economico che persegue lo sviluppo illimitato, la libertà sociale si pensa come responsabilmente limitata (autolimitata) da quei legami sociali che sono irrinunciabili e costitutivi dell’individuo stesso.
Legami che si esprimono con gli altri membri della società, con il territorio, con la biologia del pianeta, ...con l’universo. Legami che inducono, anche nella sfera produttiva e nei processi di consumo, a trovare la giusta misura, a prescindere dalla disponibilità o meno delle risorse.
Capire con radicalità questa differenza di orizzonti, ci fa capire anche come il fantomatico “sviluppo sostenibile”, o in altre parole la limitazione del consumo illimitato delle risorse in funzione della loro disponibilità, sia ancora una espressione culturale totalmente riferibile al liberismo economico ed alla società che vogliamo cambiare.

Ma se la democrazia è partecipazione, come posso inserire la partecipazione in un sistema democratico rappresentativo che elegge i propri rappresentati politici? Non si tratta di una contrapposizione e di una destabilizzazione rispetto alle attuali strutture istituzionali?
Certamente. Si tratta infatti di una vera rivoluzione.
Tuttavia è una rivoluzione che può essere condotta anche senza traumi e con un percorso che si compone di azioni da svolgere all’interno ed all’esterno delle istituzioni.
D’altra parte momenti di democrazia diretta sono concepiti anche nella costituzione, come le azioni referendarie, e la formazione di pubbliche assemblee al di fuori del Consiglio Comunale è pienamente consentito dalla Legge.
Altre esperienze recenti hanno riguardato il ”bilancio partecipato” o l’ ”urbanistica partecipata” dove sono state proprio le amministrazioni comunali a”cercare” il dialogo con i cittadini per formare scelte condivise.
Queste esperienze e questi strumenti devono essere composti in una strategia volta alla maturazione dei processi di democrazia diretta. Maturazione che è soprattutto una crescita culturale, che deve vedere impegnate in primo luogo le scuole.

Esistono tuttavia anche nuove potenzialità di affermazione della democrazia diretta legate alle nuove tecnologie disponibili nel settore dell’informazione e della comunicazione.
Lo sviluppo del web consente di pensare oggi a scenari fino a ieri davvero impensabili.
Immaginiamo un’azione politica che tenda ad assicurare a ciascun cittadino nella maggiore età la disponibilità gratuita di un collegamento web personalizzato. Oltre ad indubbi vantaggi nel mercato del lavoro, ciò consentirà l’avvio di forme di “espressione diretta e nominale” dei cittadini su questioni di relativa importanza.
Ciò significa, in sostanza, pensare che si possa fare a meno – almeno in ambito locale – della rappresentanza politica. Le decisioni strategiche le prendono direttamente i cittadini, mentre la gestione corrente è delegata a team di persone elette in base alla loro capacità manageriale e alla loro valenza etica, non chiamati in rappresentanza di un gruppo ma dell’intera collettività.
In Germania, in Danimarca, in Finlandia, sono già attivi gruppi politici – non partitici – che si prefiggono questa rivoluzione informatica nella politica locale.
Il futuro è già cominciato. E noi,che cosa stiamo aspettando?

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