X FALCONARA

spazio libero di chi vuole un futuro migliore per la nostra città

lunedì 9 gennaio 2012

Un nuovo Contratto Sociale


La macchina non funziona più. Il meccanismo è arrivato al suo limite e si è definitivamente rotto.
Tutti ora si affannano con le chiavi inglesi e gli arnesi necessari nel tentativo di riparare il guasto e far tornare tutto a funzionare come prima, ma le cose al mondo non vanno così. Non esistono “meccanismi eterni” come illusoriamente abbiamo creduto – e ancora crediamo – fosse l’economia del capitale: un meccanismo perfetto, senza errore né limite.
Le cose del mondo funzionano “fino ad un certo punto”, un limite che possiamo definire come “soglia” al di là della quale si devono trasformare in altra cosa, riorganizzarsi in un nuovo sistema.
Già nell’antichità gli uomini hanno vissuto numerose “soglie”. Quando la mancanza di selvaggina costrinse taluni popoli ad “inventare” l’agricoltura e divenire stanziali. Quando l’invenzione della macchina a vapore liberò gli uomini dalla fatica del lavoro e di conseguenza affrancò gli schiavi  nell’idea, affatto nuova, di uguaglianza - spostando il fattore di “differenza” sociale sul possesso dei mezzi di produzione più che sulla forza lavoro, sul denaro più che sul blasone.
Oggi siamo di fronte ad una di queste soglie. Ci stiamo già sopra e la stiamo attraversando.
La veccia società, fondata su un contratto sociale tra lo Stato e il cittadino, non da più garanzie, Il contratto è sciolto.
Lo stato appare sempre più lontano dai cittadini, estraneo, e vessatorio. Lo Stato chiede ai cittadini sempre maggiori risorse ma non riesce a garantire né lavoro, né servizi, né sicurezza.
La classe politica, formatasi per rappresentare nello Stato le esigenze dei cittadini, non è in grado di dare le risposte che i cittadini chiedono ed è diventata corrotta ed autoreferenziale.
Qualsiasi idea di “politica” che possiamo oggi desiderare non è la politica dei partiiti. Qualsiasi idea di democrazia non può che ripartire dal cittadino e dalla cittadinanza mettendo in discussione l’idea di Stato.
Qualsiasi politica futura deve mirare a scrivere un nuovo contratto sociale.

Ho già affrontato, riprendendo le riflessioni di Proudhon, come il paradigma della società della democrazia rappresentativa – quello che abbiamo vissuto negli ultimi decenni – in quanto figlia del liberismo economico, è la “competizione”. Competizione tra interessi di parte nel libero mercato, competizione tra interessi di parte nella società, che è necessariamente società divisa in classi.
Competizione è anche condizione essenziale della guerra e la gerarchia e la responsabilità del grado sono l’immagine della società della guerra così come della società fondata sulla competizione.
La gerarchia dell’apparato politico di partito è l’esatta riproduzione della gerarchia di un esercito.

In questa rappresentazione dell’identità profonda della società in cui viviamo possiamo finalmente cogliere l’inevitabilità del suo destino distruttivo ed auto-distruttivo. E possiamo finalmente comprendere in modo più chiaro la fase che stiamo attraversando.
La fase che, sulla soglia del cambiamento sociale, ci apre due sole strade: o lasciare che si compia il destino autodistruttuìivo della attuale società ormai giunta al termine, o iniziare a costruire la nuova società su nuove basi.
I giorni che ci aspettano saranno comunque duri e difficili, ma se sapremo avviare il futuro fin da ora sarà quella la nostra scialuppa di salvataggio durante il naufragio.

Proviamo a definire i nuovi parametri di una società possibile. Proviamo a riscrivere un nuovo contratto sociale. Che cosa porta l’individuo oggi a vedere “vantaggiosa” una relazione sociale identificabile in una comunità di individui?
Resta sempre, a mio avviso, la natura “sociale” dell’uomo e la prospettiva di una mutua assistenza che viene vista come preferibile all’autosufficienza, in quanto più sicura e stabile.
E resta sempre il lavoro l’oggetto su cui si fonda la relazione sociale. L’individuo offre parte del suo lavoro alla collettività che ricambia con la sicurezza e la stabilità frutto anch’essa del lavoro degli altri individui.
Il lavoro assume però a mio avviso un diverso significato. Non è qualcosa che l’uomo fa per ricevere compenso. Non è, in altri termini una “merce di scambio”, perchè il lavoro appartiene all’individuo che semplicemente lo “offre” alla società. Il lavoro esiste anche senza l’esistenza della società. Il lavoro è un attributo dell’individuo come la parola, il giudizio, la libertà, ...
La società non può quindi negare o determinare le condizioni del lavoro, può solo retribuirne la parte offerta, in modo certo diverso a seconda della effettiva utilità, ma deve comunque garantirne l’esercizio e la retribuzione così come deve garantire l’esercizio della libertà, della parola e del pensiero...
Ecco perchè considero elemento fondante del nuovo contratto sociale l’idea del salario garantito associato al lavoro garantito. In questa garanzia è il legame più profondo e stabile tra l’individuo e la società.
In quanto tutti gli individui sono lavoratori e tutti, in misura diversa, concorrono al benessere della comunità, emerge come il paradigma della nuova società non possa essere la competizione e come la differenza di classi non abbia senso alcuno.
Sostituiremo al concetto di competizione, come stimolo all’azione dell’individuo nella società, quello di “solidarietà” e di emulazione.
La reimpostazione del contratto sociale su questi nuovi paradigmi: lavoro come attributo dell’individuo, solidarietà ed emulazione comporta il ridisegno, in prospettiva, dell’organizzazione politica, dei modi del produrre e del consumare, dei modi del vivere e del sognare.
Proverò, un passo alla volta, ad immaginare questa politica nuova ed a indicare le vie da percorrere fin d’ora affinchè questa politica si affermi e getti le basi di una società migliore, prima che sia troppo tardi.

Etichette:

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page