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martedì 22 maggio 2012

Il mondo cambia più velocemente di noi


Quando Copernico teorizzò come la terra ruotasse intorno al sole non realizzò immediatamente le conseguenze che quella teoria avrebbe avuto nel mondo. E il mondo , da parte sua, continuò ad essere “tolemaico” per almeno altri due secoli. L’inquisizione continuò a condannare gli eretici, e così via...
Eppure il cambiamento era ormai avvenuto. Erano gli uomini a non comprenderlo.
Così sembra accadere oggi di fronte alla crisi del liberismo economico, che è la fine dell’era della finanza e della grossa borghesia del Capitale.
Questa crisi, che va di pari passo con la globalizzazione e con le dinamiche del web, è la fine di una Sistema sociale, della sua forma di governo della “democrazia rappresentativa”, dei partiti che ne sono l’essenza, della fiducia nell’idea di una crescita illimitata dell’economia e del PIL come misura del benessere. La fine di una società basata sulla competizione e sulla divisione di classi.
Che significa oggi essere comunista, o essere nazionalista? Ha senso oggi parlare di lotta di classe?
La crisi colpisce gli operai, che perdono il posto d lavoro ed i diritti, ma colpisce anche i piccoli imprenditori. Quelli che un tempo erano considerati i “padroni”, nemici della classe operaia, oggi si suicidano perchè incapaci di sostenere la loro impresa, perchè schiacciati dal peso della responsabilità verso i loro dipendenti, perchè, soprattutto, non credono più nella “libertà” del mercato, soffocati come sono dalla burocrazia, dalla pressione fiscale, dalla concorrenza sleale di paesi a cui nessuno chiede conto dei diritti del lavoro e dell’ambiente.
Quelli che dovevano essere nemici, sono oggi insieme agli operai a gridare per un mondo diverso. Assieme a loro gridano i nazionalisti, coloro che non tollerano che un gruppo di oligarchi dell’alta finanza imponga ai Popoli le scelte sul loro futuro.
Tutti insieme, operai, giovani precari, pensionati, artigiani, agricoltori, piccoli imprenditori si ritrovano assieme a dire basta ed a puntare il dito contro il vero Capitale. Quel Capitale fatto di personaggi nascosti, coperti. Il Capitale che abita le sedi delle grandi banche, dei palazzi vaticani, del petrolio, del nucleare e dei grandi affari. Il Capitale che muove guerre e decreta la vita o la morte di intere popolazioni. Il Capitale che decide a chi dare e a chi non dare acqua, farmaci, aiuti, armi a seconda della convenienza.
Il Capitale che usa i Partiti, e le Chiese, come imbonitori, controllori e attuatori dei loro interessi nell’illusione che poi sia la gente a decidere.

Scoppierà una contesa, durissima, tra il popolo e il Capitale. E’ già iniziata, e sarà inevitabilmente una strada di “lacrime e sangue”.
Ma dove il Capitale è poco rappresentato, nelle piccole realtà locali, la gente può riconoscersi finalmente unita, non importa se proviene da una strada di destra, di sinistra o cattolica o atea. La gente ha capito che non sono le differenze di cultura ad essere ostacolo alla solidarietà. La differenza la fa l’essere onesti o disonesti, cittadini liberi o servitori - consapevoli e inconsapevoli – del Capitale e del suo Sistema, che ci vuole divisi e in lotta tra di noi per poterci dominare meglio.

Se ho fiducia nell’onestà del mio prossimo, se lo conosco e lo stimo anche se non la pensa come me, se sono capace di discutere e trovare soluzioni per il bene comune, che me ne faccio dei partiti? L’Assemblea cittadina sarà il decisore ed oggi il web ci dà la possibilità di pensare a forme di votazione in cui i cittadini non hanno bisogno di essere rappresentati ma si autorappresentano. Oggi possiamo mettere in atto la democrazia diretta. Oggi è il tempo della solidarietà e dell’unità tra diversi.

E sarà da esperienze nuove, come possiamo attuare qui a Falconara, che nascerà il mondo di domani.
E quando i rappresentanti del Capitale verranno a farci le loro offerte e le loro minacce gli risponderemo, tutti insieme, con una risata. E quella risata li seppellirà.

3 Commenti:

Alle 22 maggio 2012 alle ore 20:08 , Blogger claudio paolinelli ha detto...

Stavolta Carlo non sono d'accordo con te. Il paragone copernicano calza molto bene con la situazione attuale. E' avvenuta una rivoluzione anche se ancora non ce ne rendiamo conto completamente. E' crollato il sistema dei Partiti a causa dell'uso perverso che se n'è fatto. Non sono convinto però che "l'eretico" ritratto su questa nota, sia paragonabile minimamente a Copernico. Piuttosto lo vedo come un Savonarola.
Ma non è questo è il punto, tra poco scopriremo le qualità di Grillo e delle sue intuizioni, (alcune delle quali condivido).
Non concordo sul fatto che secondo te non c'è più la lotta di classe. C'è eccome se c'è, non nel modo in cui noi speravamo ma c’è. Del resto lo dici anche tu: "scoppierà una contesa, durissima, tra il popolo e il Capitale". Ecco quella è la lotta di classe, attiva come non mai, solo che è la classe dominante a vincerla e a dettarne le regole. Il potere finanziario, le Corporations, il club Bilderberg, l’FMI, la BCE, questa è la classe dominante. Ferocemente sta annullando la classe operaia e si sta mangiando anche la classe media, quella che era riuscita ad intortare meglio, quella degli artigiani, degli impiegati, dei piccoli imprenditori.
Ci hanno fatto credere che il capitalismo offrisse una possibilità a tutti, ci hanno drogato con il marketing, e noi ci abbiamo creduto. Hanno cercato di convincerci che siamo tutti uguali, infatti potevamo comprare le stesse macchine, l'I pod, il telefonino… di essere paritari alla classe dominante. Di più, ci hanno convinto che la loro lotta di classe era anche la nostra. E noi "working class" abbiamo così contribuito a farci scippare dei diritti, abbiamo combattuto una battaglia dalla parte sbagliata, accrescendo il potere della classe dominante, accettando e spesso condividento la riduzione di libertà che giorno dopo giorno ci viene imposta e così stiamo ritornando al medioevo dei diritti. Possiamo dunque dire che la classe operaia in una ipotetico rilancio di una sua lotta di classe, potrebbe avere al suo fianco anche la classe media, la piccola borghesia, se solo ques'ultima si accorgesse che i suoi privilegi si sono affievoliti a favore della classe dominantee che anche lei è stata gabbata.
Tu dici che in questa fase così straordinaria non ha più senso essere di destra o essere di sinistra. Ecco anche in questo punto non concordo con te. La classe dominante è la destra. Le sue politiche liberiste sono di destra. Il suo collante è nell’ideologia di destra. La destra non ha nei suoi ideali la solidarietà che tu auspichi. La storia ci insegna che la destra ha sempre diviso i popoli, spesso con modi terribili. Quindi c'è una sostanziale differenza tra destra e sinistra anche ora, che siamo così lontano dalle lotte e dalle filosofie dell'800.
Non si tratta quindi di voler negare la rivoluzione copernica applicata alla politica, il cambiamento è ormai in atto e credo che nessuno lo potrà più fermare, ma occorre riflettere molto sui motivi che ci hanno portato sin qui. Voler ad ogni costo sembrare uguali, destra e sinistra, equivale, secondo me, a proseguire l’opera di appiattimento di valori e di ideali che la classe dominante sta imponendo. Non è così che sopravviveremo.

Claudio Paolinelli

 
Alle 22 maggio 2012 alle ore 21:37 , Anonymous Anonimo ha detto...

Eppure, caro Claudio, stiamo guardando al medesimo orizzonte del mare, attratti però l'uno dalla chiarità del cielo e l'altro dalla profondità dell'oceano. Voglio dire che parlare di "classe" ha senso quando la si identifica con il ruolo che riveste nella società (proletariato, classe operaia, impiegati, piccoli imprenditori, etc..). Quando però questa classificazione si riduce ad una separazione in due entità: chi vive e lavora producendo qualcosa per la società e chi invece la sfrutta speculando sul lavoro altrui, mi chiedo se abbia più senso parlare di "classe". Comprendimi, non voglio affermare che non esistono differenze tra operai e imprenditori (esistono eccome!), dico però che ciò a cui stiamo assistendo è il venir meno della fiducia nella gente che lavora (e in chi vorrebbe lavorare e non può)del mito della produzione e del primato dell'economia nel concetto stesso di benessere.
La gente (tutta la gente, non solo una "classe")separa oggi la "Società civile" dai "parassiti della società" e di questi si vuole liberare. Ma nel pensarsi società libera dal Capitale (permettimi di chiamarlo così anche se dovrebbe essere definito da finanza, multinazionali, lobbies, etc... o col termine genrico di Potere)la gente si pensa oggi UNITA! non divisa in classi. Nel senso che le "differenze" non sono più motivo, in una visione della società nuova, di separazione e conflitto. Così come non lo sono le differenze del colore della pelle, di lingua, di religione,di salute, così dobbamo imparare che non costituisce motivo di conflitto la differenza di condizione economica nella misura in cui questa differenza è contenuta ed è supportata dalla solidarietà e dalla coesione sociale in modo da evitare che venga compromessa la dignità umana.
Lo so, può sembrare un discorso "cattolico" ma tu sai che non sono affatto cattolico.
Penso però che la divisione di "classe" sia figlia del liberismo economico e del potere borghese. Se immaginiamo una società diversa, non-liberista, non-borghese, dobbiamo riuscire a vedere una società senza classi.

Carlo

 
Alle 22 maggio 2012 alle ore 22:11 , Blogger claudio paolinelli ha detto...

La divisione di "classe" sta nello stato delle cose. Esiste questa contrapposizione unicamente perchè c'è una classe dominante che cerca di ridurre i salari e la classe operaia che li vorrebbe più alti. Ho semplificato, ma il concetto è quello (e non è nemmeno il mio, sono parole di Luciano Gallino). L'orizzonte è lo stesso ma se non comprendiamo che dissolta la classe operaia resta in vita quella dominante, quella del "potere" allora non ci sarà più speranza.

Proprio adesso, mentre sto scrivendo in tv stanno intervistando i nazisti della Grecia. Anche loro protestano contro la crisi, ma mi domando che cosa ho io in comune con loro? Niente. Voglio trovare una soluzione diversa, di parte, io preferisco essere di parte, gramscianamente un partigiano.

 

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