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martedì 22 gennaio 2008

Falconara abbandonata / 2: la sindrome balcanica

Iniziò qualche anno fa Milosevic, a esaltare schiere di cetnici con l'deale della Grande Serbia. Poi fu la volta dei Kosovari e dei guerriglieri dell'UCK a predicare l'avvento della Grande Albania. Ora l'animo balcanico scavalca l'Adriatico e si incarna nella compagine dei politici dòrici che vagheggia la Grande Ancona.

A discolpa dei balcanici possiamo affermare che certi atteggiamenti "fanciulleschi", quanto pericolosi, sono l'effetto di anni di dittatura, di convivenza forzata, di inesperienza alla democrazia e quindi di incapacità a valutare le questioni sostanziali che stanno alla base di una società.

Ma questo, a proposito dei politici anconetani, non si può dire. E allora non rimane che prendere questo atteggiamento "fanciullesco" come un effetto della vecchiaia - vecchiaia politica si intende - . Una naturale demenza senile.

La storia ci insegna, dall'evoluzione della comunità europea alle partite di ping pong tra USA e Cina negli anni della guerra fredda, che l'unione amministrativa e politica di due realtà non può che essere l'ultimo atto di un processo che si costruisce nel tempo a partire dal porre le basi per una gestione dei servizi, dei problemi del presente e del futuro in modo sempre più condiviso.
Se guardiamo ai fatti, sappiamo che Ancona, Falconara e la bassa vallesina hanno moltissime problematiche comuni e possono a ragione riconoscersi, anche morfologicamente, come un'unica area urbana.

Ma esistono politche realmente condivise a scala di area urbana?
L'Area ad elevato rischio di crisi ambientale (la famosa AERCA) poteva essere un'occasione fenomenale per pianificare il territorio con una visione unitaria, ma si è voluto che ciò non accadesse. E in questa scelta Ancona ha recitato un ruolo fondamentale.
Restando nell'ambito della Pianificazione, sappiamo che sia Ancona che Falconara e Chiaravalle dovranno mettere mano alla revisione dei loro Piani Regolatori. Forse qualcuno (a parte il sottoscritto nei pochi mesi di mandato) ha posto l'accento sull'opportunità di inquadrare un piano strategico d'area vasta?
E che dire delle questioni ambientali? E' mai stata avviata una politica concertata sulla mobilità? sul problema dell'inquinamento da polveri legate al traffico lungo l'adriatica? Mai.
Ancona ha sempre preteso di decidere per conto proprio - in quanto capoluogo - senza chiedere il parere a nessuno. Così sull'uscita a ovest. Così sulle scelte relative allo sviluppo del porto.
E d'altra parte i comuni della bassa vallesina e la stessa Falconara hanno sempre mirato a favorire il proprio territorio a danno degli altri, come dimostra il fallimento di sette anni di copianificazione per l'individuazione del polo commerciale.

Siamo di fronte alla possibilità ed alla urgenza di prendere decisioni strutturali circa l'assetto del territorio. Pensiamo ad esempio allo spostamento della ferrovia, che porterebbe innumerevoli vantaggi al "sistema Ancona", e con il quale dovremo comunque fare i conti per effetto dei cambiamenti climatici (molti scienziati concordano nel prevedere per il 2080 un innalzamento del mare fino a un metro!). Pensiamo all'organizzazione della costa e della portualità. Pensiamo alla minimizzazione degli spostamenti auto come paradigma per l'individuazione delle aree destinate a servizi territoriali. Pensiamo alla gestione dei rifiuti, a modalità per ridurre i consumi energetici o per contenere il costo delle abitazioni.
L'unione amministrativa, in questo senso, non aiuterebbe in alcun modo, al contrario sarebbe controproducente, perchè finirebbe per riaffermare la centralità di Ancona nel sistema d'area vasta. Una centralità che si contrappone alla realtà di un sistema urbano diffuso e policentrico.
Non si capisce quindi quale utilità possa derivare oggi da una fusione dei comuni. A meno che la proposta dei politici anconetani non miri in realtà altrove. A indebolire l'atteggiamento ostativo delle amministrazioni locali periferiche nei confronti di scelte verticistiche, che interessano i poteri centrali. L'atteggiamento che ha imposto il NO alla discarica di Chiaravalle, che ha imposto il NO alla discarica per rifiuti speciali alle porte di Castelferretti, che dice NO alla Quadrilatero, che dice NO alle due nuove centrali dell'API. L'atteggiamento di territori trattati per decenni come periferia che iniziano a rivendicare un altro concetto di territorio, con dentro meno sviluppo e più benessere, meno crescita e più progresso.
E' qui che la politica anconentana si dimostra vecchia, perchè pensa ancora che le persone siano GENTE da poter abbindolare con le chiacchiere.
L'idea balcanica della Grande Ancona da noi non farà presa, nonostante a Sturani piaccia molto.
Ricordo di aver letto anni fa sui giornali che Sgarbi, vedendo per la prima volta Sturani, gli disse: "Lei assomiglia come una goccia d'acqua al presidente serbo Kustunica!"
Mio Dio! Che avesse avuto ragione?

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