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giovedì 8 novembre 2012

La Marina


E' almeno dalla fine degli anni '80 che si parla della riconversione dell'ex stabilimento Montedison e dopo 25 anni ancora se ne parla.
Anzi, per la verità, non se ne parla quasi più.
L'amministrazione comunale non sa proprio che farci con quell'enorme area dismessa.  Certo... ci sono le previsioni del PRG, ma quelle sembrano essere state messe lì pur di scrivere qualcosa perchè poi - questo è ormai l'atteggiamento di chi è chiamato a gestire le città - le proposte "vere" le devono fare i privati.
I privati, nella fattispecie, sono quelli che acquistarono il complesso con la non celata intenzione di incassare i soldi pubblici allora previsti per la bonifica dei siti inquinati e per speculare sulla rivalutazione immobiliare.
I finanziamenti non sono arrivati, le speculazioni bloccate da guerre fratricide per piazzare il megacentrocommerciale della vallesina e, più recentemente , dalla crisi economica.
Di fatto tutto resta fermo o quasi, dato che i privati sono sempre pronti a costruire ipotesi qualora si aprano vantaggi economici, finanziamenti, che rendano appetibile una situazione intanto già valorizzata dal nuovo casello autostradale della Gabella, voluto dagli stessi Comuni di Falconara e Montemarciano che oggi ne rinnegano la necessità.
In questo stato confusionale l'intero complesso - dichiarato sito di archeologia industriale di grande rilevanza storico-architettonica - è andato praticamente perduto. O meglio, la sola parte culturale e di pubblico interesse è andata perduta perchè i privati conservano intatto il diritto dei "volumi", anche quelli fatti demolire di recente dall'amministrazione comunale.
Il problema posto dai proprietari a giustificazione della opportunità di edificare nella piana delle Pojole sta nel fatto - ben noto già quando decisero di acquistare il bene - che il suolo è altamente inquinato e il costo della bonifica ammonterebbe a diversi milioni di euro.
L'obiettivo dei privati, assecondati in questo dalle amministrazioni comunali,  è quello di "spostare" la volumetria, adeguatamente incrementata, nell'area libera delle Pojole cedendo l'attuale area in cui sorge il complesso ex industriale - bonificata in modo "leggero" - all'amministrazione comunale la quale, appunto,  ancora non sa che farsene. I volumi saranno oggetto di un generale cambio d'uso in residenze e commerciale, come da prassi speculativa...

Io penso che , in questa come in altre vicende, il Comune non possa esimersi dal tenere un ben altro profilo.
Innnazi tutto deve comprendere se e a che cosa può essere utile quell'area, quale la sua vocazione.
Poi, in base a questa comprensione, deve elaborare un'idea di progetto e costruirne la fattibilità.
Allora, e solo allora, deve chiamare i proprietari del sito e qualsiasi altro soggetto interessato a quel progetto per avviarne la realizzazione.

In questo senso personalmente qualche riflessione l'ho fatta e la metto a disposizione volentieri. Non certo con l'intenzione di dare una soluzione al problema (ci vuole ben altro approfondimento e tanto "realismo" per affrontare una situazione così complessa sperando di avviarla ad una trasformazione davvero fattibile) ma soltanto per provocare una discussione feconda.

  1. l'area ex Montedison appartiene a Marina di Montemarciano più che a Falconara. Questa considerazione non intende scaricare altrove una patata bollente ma è una "constatazione" essenziale. Non può essere concepito un destino futuro della ex Montedison  senza coinvolgere quello dell'abitato di Marina.
  2. l'area ha di fronte il mare ed è il collegamento che consente di collegare La Rocca a Marina e da qui a Senigallia
  3. l'area è straordinariamente accessibile, servita dalla strada statale adriatica, dalla ferrovia, dal mare e prossima al casello autostradale della Gabella che sembra quasi essere una casello "dedicato".
Stanti queste caratteristiche fondamentali il problema da risolvere è il costo della bonifica. Come può essere abbattuto? E' forse possibile volgere quello che appare essere un grave problema in una opportunità?
La bonifica dell'area può essere affrontata in due modi:
  • una bonifica "leggera", che ha costi più contenuti ma lascia il terreno in parte inquinato (inertizzato ma inquinato) e quindi inadatto alla residenza od a funzioni che comportano la permanenza di persone per lunghi periodi. Questa prospettiva induce alla delocalizzazione delle funzioni e dei volumi in aree limitrofe non inquinate realizzando nell'attuale sedime uno spazio verde, preferibilmente boscato ed a bassa frequentazione pubblica.
  • una bonifica "radicale" che comporta ingenti costi in quanto occorrerebbe sbancare fino almeno a 5 m. di profondità nel settore più inquinato (lato verso Marina), smaltire le terre inquinate e sostituirle con terra "buona". Questo permetterebbe il riuso delle volumetrie esistenti nel medesimo sito senza dover occupare la piana delle Pojole.
La prima ipotesi è quella presa in considerazione dai privati e - di coseguenza - dalle amministrazioni locali. Per questa ipotesi sono già pronti i progetti.
La seconda ipotesi è scartata a priori: troppo costosa, non conveniente.
Se tuttavia riusciamo a distogliere l'attenzione dalla solita prospettiva di convertire un'area dismessa - qualsiasi area dismessa - nel solito mix di funzioni residenziali e commerciali, pensando invece a ciò che veramente potrebbe essere un catalizzatore di interesse in quella particolare situazione; se cioè poniamo attenzione alla "vocazione naturale" del luogo, alla sua eccezionalità ed unicità, allora può capitare di immaginare altro. Può succedere di notare che lungo la costa adriatica, specie a nord di Ancona, i porti tendono sempre più a svilupparsi all'interno. Per fare i porti, da quello storico di Cesenatico a quelli più recenti del litorale veneto, si cava terra in prossimità del mare e si creano delle darsene, alimentate anche dalle acque superficiali provenienti da piccoli fiumi e canali.
Sbancare 5 metri di terreno per ricavare una darsena. Lo si è sempre fatto - ed è un costo "ragionevole" in funzione dell'obiettivo - per realizzare un piccolo porto un tempo ad uso della pesca ed oggi per ospitare le imbarcazioni turistiche. 
Lo sbancamento lo si deve comunque fare per bonificare.. ed ecco che il problema diventa opportunità.
Quel porto turistico che pur aveva mosso interesse economico in un luogo improprio come Villanova e con dei costi altissimi per realizzare le difese a mare, può trovare una sua ragion d'essere ed una sua "convenienza" oggettiva alla ex Montedison.
E se questa idea così singolare e foriera di possibili attività si estendesse a tutto l'abitato di Marina? Se il brutto canale cementato del fosso Rubbiano facesse entrare il mare diventando un porto-canale? (le dimensioni in larghezza sarebbero simili a quelle del porto di Cesenatico ideato da Leonardo da Vinci) Se l'intero lungomare di Marina, inutilizzabile oggi a fini balneari, diventasse una passeggiata sulla banchina di un porto esteso, poco invasivo, fortemente legato alla vita cittadina? Se il Mandracchio divenisse il fulcro di una nuova città marinara?
In un momento di crisi economica, dove l'edilizia residenziale è ferma, il commercio non tira, occorre ideare qualcosa di veramente nuovo e di unico per attrarre possibili investitori. Un porto turistico facilmente accessibile e "servito", nonostante la crisi abbia colpito anche la nautica, lungo l'adriatico può rappresentare ancora una fonte di interesse. Ma anche la piccola pesca, il piccolo rimessaggio nautico, finita la corsa a chi ha il peschereccio dal motore più potente, può rappresentare una prospettiva interessante.
Quando, alcuni anni fa, incontrai un noto manager triestino operante nella portualità turistica, il quale aveva mostrato interesse al progetto del porto di Villanova, questi mi spiegò che un porto turistico, per poter funzionare, deve contare sulla possibilità di legarsi ad uno spazio urbano. Ragionando sulla carta del territorio di Falconara spostai la sua attenzione verso la ex Montedison. Qui, gli dissi, ci sono buoni fondali e soprattutto c'è un abitato, quello di Marina di Montemarciano, che manca di una sua identità, di un suo rapporto riconoscibile con il mare. Il suo sguardo iniziò ad esplorare la cartina con attenzione e poi, spostandosi sul mio sguardo mi disse. "si, questo è davvero un sito molto interessante".
Ho la sensazione che se qualcuno gli proponesse di nuovo quel sito lo riterrebbe ancora oggi interessante, nonostante la crisi.


3 Commenti:

Alle 9 novembre 2012 alle ore 12:47 , Anonymous Anonimo ha detto...

Carlo, l'area della Montedison è chiaramente ostaggio della speculazione. Se da un lato è negativo il fatto che in tutti questi anni permane una situazione di degrado, dall'altra possiamo dire che almeno per adesso non si è dato fondo alle mire speculative e quindi ad un'altra spianata di cemento senza identità e utilità. E' ancora possibile sperare ed auspicare che l'area, non solo venga bonificata (per bene) ma anche che gli venga restituita una nuova vita, che sia di interesse e utilità dei cittadini.
Missione possibile solo se si accenderà la voglia di cambiamento culturale e politico nella città!

Claudio Paolinelli

 
Alle 11 novembre 2012 alle ore 20:04 , Anonymous Anonimo ha detto...

Mi chiedo Carlo : c'e spazio, entusiasmo ed accoglimento per le buone nuove idee come questa nella realta' culturale passata presente e futura di Falconara? Ti rimando alla mia risposta al post diretto al sindaco attuale ed a quello che lo sostituira'... Paolo

 
Alle 13 novembre 2012 alle ore 11:18 , Anonymous Anonimo ha detto...

Paolo... la pianta che fiorisce e che fa frutti si chiede forse quale sarà il destino di quei suoi fiori e di quei frutti? se genereranno altre piante o se marciranno? No, lascia che le cose vadano secondo il loro destino e per sua natura continua a fiorire e a fare frutti.
Carlo

 

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