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sabato 8 dicembre 2012

La Piazza: il cuore della città

Il centro di una città è il luogo in cui risiede la sua anima e la Piazza è l'immagine che l'identifica.
Piazza Mazzini oggi non rappresenta questo . Piazza Mazzini non evoca Falconara.
E' un luogo aperto anonimo. Spesso affollato ma anonimo, pieno di gente di passaggio o che sprofonda sgomenta nella solitudine opprimente degli extracomunitari che lì cercano l'incontro con una città che si volta dall'altra parte. Un incontro che non avverrà mai, con una comunità che non c'è più... che ha lasciato il posto ai passanti.
Un tempo, quando c'era la scuola elementare, il circolo dei repubblicani, il bar corallo... Piazza Mazzini era l'immagine della comunità falconarese del dopoguerra, quella dei bagnanti, dei ferrovieri, del rito delle pastarelle per il pranzo della domenica mattina, del sogno della grande pallavolo...

Poi tutto è cambiato. La Piazza si è spogliata dei riferimenti della tradizione ma non ha assunto nuovi caratteri.
Che cosa possiamo fare oggi per ritrovare Falconara a Piazza Mazzini?
Oltre a riportare le scuole elementari lì dove è giusto che stiano, oltre a promuovere il ritorno di un circolo culturale, penso che si dovrebbe avere il coraggio di smantellare i brutti arredi che si sono accumulati negli anni, le improbabili fontane che occupano lo spazio di quella che dovrebbe tornare ad essere la piazza-giardino di Falconara. Penso anche che si dovrebbe dare alla Piazza un respiro nuovo e più ampio: un respiro di mare.
 
Se guardiamo via Cavour, che taglia a metà la Piazza collegandola alla stazione ferroviaria (ed al mondo), ci accorgiamo che quella via è la direttrice su cui si imposta il sottopasso della stazione che porta ai binari. In fondo a quel sottopasso c'è un muro. Oltre quel muro c'è la spiaggia.
Collegare Piazza-giardino, stazione e spiaggia significa riunire tre caratteri identitari di Falconara. Significa portare l'immagine balneare - l'unica che dà colore oggi a Falconara - nel cuore del centro urbano, vitalizzandolo.



Sempre in Piazza Mazzini c'è l'area ex-Fanesi. Un'area divenuta imbarazzante perchè simbolo degli errori e della mancanza di idee della nostra classe politica. Se l'iniziativa del teatro era un volo pindarico, l'ostinazione posta nella svendita del bene, per raccattare qualche soldo, pecca di assoluta miopia. L'ex Fanesi è di fatto una opportunità eccezionale. Non un qualsiasi bene immobiliare, ma un edificio pubblico nel cuore della città.
La sua vocazione è quella di divenire un luogo rapresentativo della città nel territorio, un luogo di attrazione capace di contribuire all'dentità di Falconara come un tempo, e in parte ancora oggi, il vicino locale di Bedetti.
Ma che cosa, quale funzione da collocare nell'ex Fanesi, potrebbe oggi dare identità a Falconara?
Giorni fa Loris Calcina rifletteva sul fatto che sarebbe bello potenziare la mostra del fumetto per farne un evento permanente e di grande richiamo per la città e che l'ex Fanesi si poteva prestare a diventare una sede dedicata, magari trasferendovi la scuola esistente a Jesi.  Un'ottima idea su cui si dovrebbe lavorare. Si potrebbe proporre un progetto alla Rainbow di Recanati per rafforzare nelle Marche ciò che qui è germogliato.  
Ma quella del fumetto è soltanto una delle possibilità che potrebbero trovare luogo a Falconara. Si potrebbe pensare al design industriale, alla multimedialtà, al webdesign o ad un polo della sostenibilità e della ricerca applicata all'ambiente, facendo leva sulla presenza - oggi sottovalutata - del centro di educazione ambietale.
Invece di "tenere nascosto" l'ex-Fanesi vergognandosi del fatto che gli speculatori edilizi snobbano i bandi per l'alienazione, l'Amministrazione comunale dovrebbe offrire lo spazio - come una opportunità preziosa - ad attività che volessero trasferirsi a Falconara o qui creare una nuova iniziativa, a patto che si concordi in un progetto che coinvolga la città in un processo di valorizzazione culturale ed economica. Un progetto capace di dare nuova identità.
Oggi  l'Ammnistrazione comunale deve mostrarsi capace di credere e di investire nel futuro, non di tirare avanti da mediocri ragionieri con il solo obettivo di chiudere il bilancio annuale.

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