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lunedì 6 maggio 2013

Stato sociale: quale Stato per quale società ?

Tra i temi della campagna elettorale per le amministrative 2013, quello del welfare, cioè dello Stato sociale, è uno dei più dibattuti.
La crisi economica e il disagio sofferto da fasce sempre più grandi di popolazione riporta al centro della vita civile il ruolo dello Stato come tutore del benessere sociale.
Tuttavia i modi e gli strumenti con cui si continua a declinare questo ruolo sono quelli di sempre, basati sul modello assistenziale e su un rapporto tra dimensione privata  e dimensione pubblica, in ciascun cittadino,  fondata sul primato della "privacy" rispetto alla dimensione sociale.
In altri termini ci si aspetta che lo Stato provveda alla dimensione sociale, mentre il cittadino si cura fondamentalmente solo della sua sfera privata. Le tasse d'altra parte sono l'impegno - già ingente - che lo Stato chiede al cittadino per gestire la cosa pubblica e coprire le lacune proprie di una società, quella capitalista,  che genera per sua natura diseguaglianze.

Il problema è che nel frattempo lo Stato e la Società sono profondamente cambiati e quegli strumenti e quella stessa visione dell'essere cittadino non sono più adeguati, non reggono più.
Lo Stato appare incapace di fare fronte alle necessità di una società che pone nuove questioni, mai affrontate prima, rispetto alle quali si può intervenire soltanto attraverso nuovi strumenti. Quelli vecchi non sono più buoni.

Facciamo alcuni esempi: 
la disoccupazione strutturale, destinata secondo gli esperti a stabilizzarsi attorno al 30% della popolazione attiva e finanche al 50% della popolazione giovane determina una situazione sociale di cui non abbiamo neanche memoria, che probabilmente la civiltà occidentale, almeno in tempi recenti, non ha mai vissuto.
Possiamo davvero credere di poter affrontare la dimensione del problema con le sole lotte sindacali e con la cassa integrazione? Certo che no, saremmo destinati a sopravvivere uno, forse due anni, poi sarebbe la rivolta civile. Servono modalità nuove, legate al lavoro di utilità civile gestito ed organizzato dalle amministrazioni pubbliche. Servono nuove assunzioni di responsabilità civica di ogni cittadino che deve sentire la dimensione sociale tanto "sua" quanto quella privata. Una nuova idea di cittadinanza, partecipe attivamente della cosa pubblica nei diritti ma anche e soprattutto nei doveri e nelle responsabilità. Allo stesso modo questo cambiamento di orizzonte verso il sociale deve coinvolgere le imprese che operano nel territorio.
Un altro esempio è l'incidenza della popolazione anziana. Anche qui una dimensione sociale mai vista prima dove gli "anziani" raggiungono quasi la metà dell'intera popolazione.  Oggi dobbiamo baciare le mani a quelle badanti dell'est che vengono a prendersi cura dei nostri vecchi; persone che hanno lavorato una vita e che oggi la società, incapace di provvedere a loro, abbandona come inutili relitti. Ma è lo Stato che dovrebbe trovare soluzioni adatte a fare in modo che gli anziani siano ancora parte della società e affidare un ruolo a coloro che sono ancora attivi e hanno da "dare" agli altri ovvero assisterli attraverso il lavoro dei giovani.

Quando si parla però di "cittadino nuovo" e di "stato nuovo" non dobbiamo mettere in discussione il rapporto  costitutivo per cui i cittadini "formano" lo Stato e quindi riconoscono in esso una "istituzione" da cui dipende l'organizzazione del sistema sociale.  Il cittadino "partecipa" allo Stato, "è" lo Stato, e pertanto non può pensare di sostituirsi ad esso, di essere ad esso alternativo.
Con questo voglio criticare chi pensa, ad esempio, che la soluzione all'incapacità dello Stato di fare fronte ai bisogni della società possa essere risolta portando il mondo del volontariato a svolgere ruoli istituzionali, sia che si tratti di un'amministrazione locale che di un settore specifico come il welfare.
L'idea che una struttura, come la rete del volontariato, divenga istituzione dello Stato o peggio alternativa ad essa è inaccettabile e fondamentalmente eversiva. E' come creare una struttura nella struttura che non si sa bene a chi risponda ma sicuramente non allo Stato, altrimenti che necessità avrebbe di esistere? 
Lo Stato è uno ed è l'insieme dei cittadini. Uno e laico. La Costituzione non prevede deleghe ad altre entità.
Il volontariato è importante se e in quanto manifesta la volontà di mettersi al servizio del Bene comune, Ma il tutore del Bene comune ha un solo nome: Stato.
E' il cittadino a doversi fare volontario nella nuova società, senza necessità di altre strutture ed organizzazioni che troppo spesso sono interpreti di particolari idee, di particolari credi, o semplicemente di individui che, in quanto volontari, si sentono "migliori" di altri, come da bambini, quando la maestra segnava sulla lavagna l'elenco dei buoni e dei cattivi. 

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