La parte e il tutto
Quando sostengo che la democrazia rappresentativa è una mistificazione della democrazia, mi riferisco alla assoluta inconciliabilità tra l’idea di un governo del popolo, e quindi “di tutti”, e la divisione del popolo stesso in fazioni, o partiti, mossi da spirito di competizione.
Noi italiani possiamo a ragione considerarci, alla pari dei greci, come i padri della vera democrazia in occidente. Siamo infatti gli unici popoli ad aver messo in pratica, nella storia, momenti di vera democrazia. E’ accaduto qui nell’epoca della Repubblica romana ed è accaduto nell’epoca dei liberi Comuni.
In entrambi i casi la storia ci insegna che quelle esperienze, che sono state la culla dei momenti più alti di civiltà italiana – l’età romana e il rinascimento – sono finite nel momento in cui si sono formate, per diversi motivi, fazioni e partiti.
Patrizi e plebei generarono, su divisione di classe, quelle guerre civili che portarono all’avvento dell’impero. Guelfi e Ghibellini, sotto la pressione di papato e impero, spezzarono l’unità civica su cui si basava il governo dei Comuni, aprendo la strada al dominio delle signorie.
Quando una minoranza del popolo si vuole riconoscere casta dominante, per genìa, religione, censo o altro, e vuole dominare sulla totalità del popolo, deve dividere il popolo in fazioni, classi o partiti.
Quando tuttavia questa struttura sociale, basata sulla divisione, entra in crisi, il motivo di quella separazione all’interno del popolo appare in verità essere soltanto una idea, un condizionamento del pensiero.
Che senso ha oggi parlare ancora di destra e sinistra? Si tratta di una differenziazione ideologica, certo, ma riferita ad ideologie morte!
Morto è il liberismo, nel momento in cui gli Stati intervengono per calmierare un’economia impazzita e portatrice di sfaceli
Morto è il comunismo che si fonda in antagonismo al capitalismo ma partendo dalla sua stessa divisione della società in classi.
Certo resta, in ognuno di noi, una attitudine al sociale o al privato, al cambiamento o alla conservazione, ma sono inclinazioni individuali, non categorie a priori…
Nella democrazia assembleare, non esistono squadre formate prima della discussione nel merito della singola questione e ciascun individuo può trovarsi in disaccordo con un altro su un tema ed in accordo con la stessa persona su un altro tema…
L’importante è sentirsi cittadini, non rossi o neri, guelfi o ghibellini…
Questa divisione partigiana assomiglia al tifo da Stadio. E nessuno di noi pensa, in cuor suo, di fare esercizio di democrazia quando sostiene la squadra del cuore…
La democrazia è davvero un’altra cosa:
Gli antichi greci usavano due termini la cui radice è antichisssima (sembra dal sanscrito) ed è rimasta in tutti i linguaggi indoeuropei.
Synballein – synβaλλω - significa mettere insieme, radunare, unire e la questa radice nascono parole come “simbolo”, “simbiosi”, “simpatia”, “simposio”,
Diaballein - διαβaλλω – significa al contrario l’azione del dividere, dell’aggredire per separare e da questa radice nascono parole come “diaspora”, “divisione”, “diaframma”, “diavolo”.
Diavolo, raffigurazione del male, è colui che divide.
Il male della democrazia sta nella divisione a-priori del popolo, nell’idea stessa del partito.
Se vogliamo che si affermi la vera democrazia, dobbiamo iniziare a demolire i partiti e riferirci sempre al popolo unito. Dobbiamo desiderare più che l'affermazione del nostro pensiero, l'affermazione del volere espresso dal popolo.
La rivoluzione islandese, la voglia di libertà della primavera araba, le migliaia di movimenti cittadini in difesa dei beni comuni non sono espressioni di una parte di popolo che vuole imporre la propria volontà alla restante parte. Sono l'espressione di un popolo che si pensa unito e vuole, unitariamente, discutere e decidere il proprio cammino.