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spazio libero di chi vuole un futuro migliore per la nostra città

mercoledì 29 febbraio 2012

Grecia, Val Susa, Falconara


Alcuni mi hanno chiesto perchè ho messo come avatar del mio spazio su facebook la bandiera della Grecia.
Tu non sei greco, mi dicono, che ti importa della Grecia?
Allo stesso modo non capiscono come mai me la prendo tanto per quello che succede in val di Susa, non essendo un valligiano.
Difficile da spiegare questa cosa a chi mi fa queste domande e allo stesso tempo ,se glielo chiedi, dice di ammirare l’immagine di Garibaldi e dei padri della Patria come eroi.
Ma Garibaldi non era forse andato a rischiare la sua vita in sud America? E un patriota come Santorre di Santarosa non è forse morto per la libertà della Grecia?
Noi dedichiamo strade e monumenti a questi personaggi e non ci rendiamo conto che se quei personaggi fossero vivi oggi, sarebbero là: in val di Susa e in Grecia, a lottare in nome della libertà.

Ma la loro idea di Libertà è molto diversa da quella che oggi allinea partiti e mass media. La loro idea di Democrazia era ben diversa dalla Democrazia rappresentativa.

Si evidenzia oggi uno spartiacque tra Libertà popolare e libertà di scegliersi un gruppo di potere, tra Democrazia di popolo e partitocrazia. Questo spartiacque si chiama “oppressione”.
Quando una maggioranza, in quanto maggioranza, si sente in diritto-dovere di opprimere una minoranza il sistema  in cui tale oppressione si esercita è una dittatura, anche se viene chiamata democrazia.
Non c’è differenza tra la repressione della minoranza tirolese e slovena operata da Mussolini e la repressione della autodeterminazione del popolo greco operato dalla Comunità europea, o la repressione della volontà della Val Susa da parte del Governo Italiano, o l’imposizione forzata del rigassificatore alla comunità di Falconara da parte della Regione Marche.
La Libertà, per essere tale, non ammette oppressione, MAI.
La Democrazia, per essere tale, non può imporre a una comunità di sacrificarsi a vantaggio della maggioranza.

In Grecia, in ValSusa, a Falconara quello che si mostra è il vero volto di una dittatura mascherata da democrazia.  Un sistema in cui la ricerca spasmodica dello “sviluppo” e dell’arricchimento borghese si poggia sul sacrificio di qualche “minoranza”, che la si individui nel “terzo mondo” o in un ”paese in default economico” o nelle  “aree in crisi ambientale” fa poca differenza.
E come in ogni dittatura i mass media si fanno diffusori di propaganda e di criminalizzazione.
E’ incredibile notare come ancora oggi si continui ad accusare sempre i manifestanti con l’appellativo di “anarchici”, esattamente come ai tempi in cui “Bava Beccaris” sparava sulla folla, o  all'epoca della vicenda di Sacco e Vanzetti e, più di recente, della strage di Piazza Fontana e dell’omicidio di Pinelli.

L’altra sera ascoltavo un “giornalista” che si indignava nel sentire un esponente No Tav paragonare la resistenza dei valligiani a quella dei partigiani. Si chiedeva, costui, dove fosse l’oppressione del popolo in quanto se gli eletti in un sistema rappresentativo hanno deciso di fare una cosa sono in diritto di farla, anche contro il volere della gente.
Forse non si rende neanche conto, quel giornalista, della mostruosità della sua affermazione.
Allo stesso modo, qualcuno potrebbe dire che essendo il nazismo sostenuto dalla maggior parte dei tedeschi, allora se i nazisti al governo decisero di sterminare gli ebrei erano in diritto di farlo!
Come può un’intera classe politica, un intero sistema istituzionale, non accorgersi di quanto gravi siano questi atteggiamenti?
Ma “da chi” siamo governati?

A questi giornalisti, a questi politici, a questi uomini senza dignità e senza vergogna, posso solo gridare in faccia con tutta la voce che ho:
sono un greco, sono un valsusino, sono un falconarese, sono un anarchico!

mercoledì 22 febbraio 2012

Enjoy Falconara!

Circa duecento lettere sono state inviate nei giorni scorsi ad altrettanti cittadini falconaresi, invitati a partecipare ad un incontro avente per tema l'urbanistica della città ed in particolare il progetto dell'amministrazione per una variante relativa alla collina di Falconara Alta.
L'invito faceva seguito al bando del 2010 ed ai numerosi incontri preliminari che avevano creato una grande aspettativa sul disegno urbano che sarebbe stato elaborato dopo l'intervento di esperti, le verifiche degli uffici, le riflessioni della giunta...
Anch'io sono salito al Castello, nella sala del Leone piena di gente, pensando che finalmente a Falconara si sarebbe tornati a parlare di pianificazione.
E invece si trattava di una Lotteria.
Si avete capito bene, una lotteria, di quelle basate tutte sulla fortuna e che ad ogni passaggio eliminano un pò di concorrenti e chi arriva alla fine si porta a casa il bottino.
Di tutti i discorsi, pur farraginosi, fatti nei mesi precedenti non è rimasta traccia. E' avvenuto che, a sorpresa, è uscito il jolly della nuova legge urbanistica che blocca per due anni le varianti sulle aree agricole. Cosi chi sta nella zona agricola ha perso e chi sta nel verde ha vinto e ha passato il turno, proprio come in una roulette quando esce il rosso o il nero.
Avrei voluto dire qualcosa. Avrei voluto obiettare che lo spirito della legge mira a impedire nuove occupazioni di suolo e che, da questo punto di vista, chi ha redatto il PRG nel collocare una vasta area a destinazione verde sotto via 8 marzo o sotto il bosco di Villa Terni aveva voluto preservare quelle aree proprio da processi di edificazione. Avrei voluto dire che quasi tutte le aree individuate, oltre ad essere destinate a verde, sono in frana (si veda il catalogo delle frane dell'ISPRA). Avrei voluto dire che sviluppare una città su un versante senza prevedere un riassetto viario è una follia e che follia è pensare a nuove lottizzazioni oggi, quando interventi già avviati sono fermi per mancanza di domanda...
Avrei voluto dire qualcosa da architetto, ma dalla bocca mi è uscita solo una domanda rivolta a me stesso con un filo di voce: "che cosa ci faccio io qui?".
La ruota della fortuna non ha bisogno di architetti, o di urbanisti o di esperti nel disegno delle città. Ha bisogno solo di concorrenti mossi dal desiderio di "fare il colpo", di diventare milionari per grazia ricevuta, e per i quali tutto il resto non conta. Forse necessita qualche esperto in beni immobiliari, qualche sensale, ma non altro. E' un pò la stessa situazione che si è creata nella finanza. Gente che gioca, che scommette, che si sfrega le mani quando il vicino perde, quando la Grecia va in default, ebbri di competitività e di gioco come in una infinita Las Vegas.
"Che ci faccio io qui?" continuavo a chiedermi spaesato, e guardavo il Sindaco Brandoni, splendido, perfettamente a suo agio nelle vesti del croupier: "rien va plus! fate il vostro gioco! la posta in gioco è sempre più alta! i migliori terreni di Falconara e tante belle villettine! Giocate signori! Giocate la fortuna!

giovedì 16 febbraio 2012

Nuda veritas

Ciò di cui ha bisogno la società umana oggi si condensa in una parola: VERITA'.
Anche se a noi, piccoli uomini abituati a secoli di cutura dell'ipocrisia e della menzogna, essa può apparire agghiacciante come lo sguardo vitreo del quadro "nuda veritas" di Klimt, dobbiamo riuscire a non distoglierci mai dalla ricerca della Verità.
Il credo sofista secondo cui la Verità è relativa costituisce la radice del nichilismo che alimenta l'odierna vergognosa realtà della politica.
Quello che intendo quando dico di "non distoglierci mai dalla Verità" va oltre il semplice rifiuto di fare affermazioni false e comporta l'impossibilità di dire o di tacere a seconda di come ci fa comodo. La Verità non è un atto volontario ma sempre e comunque "atto necessario" e inevitabile.
Spesso mi sono trovato di fronte a ragionamenti sulla opportunità di fare o non fare una cosa, di dire o non dire, per non correre il rischio di "favorire" la compagine avversaria sul piano politico. 
Ad esempio se, di fronte ad un modo inadeguato di affrontare una situazione o una problematica da parte di un'amministrazione pubblica avversa, io dico come dovrebbe essere invece affrontata in modo adeguato, per alcuni questo atteggiamento viene visto come un "errore" politico, perchè così facendo do agli avversari l'opportunità di "farsi belli" con la mia soluzione. Secondo questa opinione io dovrei tacere, lasciando la parte antagonista nell'errore perchè da quel suo errare io possa trarre vantaggio per la mia parte.
A mio avviso questo comportamento è intollerabile tanto quanto il mentire. 
Tacere la cosa giusta è tacere la verità e non vedo alcuna differenza tra il tacere di fronte alla condotta ingiusta dell'avversario politico e il tacere di fronte a un delitto o di fronte a un crimine. E' il medesimo oltraggio alla Verità.
La Verità impone che la si affermi sempre.
Così, ad esempio, sento lo stesso dovere di affermare che l'Amministrazione comunale di Falconara ha agito bene ed ha agito male nell'affrontare l'emergenza freddo dei giorni scorsi.
Ha agito bene nel modo con cui è riuscita a liberare le strade, a limitare i disagi per i cittadini, con solerte spirito di servizio. Non so se il merito vada esteso a tutta l'amministrazione o solo ai responsabili dei lavori pubblici e della protezione civile, ma Verità vuole, che ciò vada detto.
Ha agito male, e anche questo Verità vuole che vada detto, nell'affrontare la questione dei senza tetto e il rapporto coi "nuovi cittadini". E' stata la rete dei volontari a imporre di fatto all'Amministrazione di andare in soccorso a quella trentina di esseri umani relegati alla ex Montedison ed a sollecitare le ferrovie perchè tenessero aperta la stazione nelle ore notturne. Se non fosse stato per quei volontari nulla sarebbe stato fatto e avremmo assistito ad una Protezione civile che corre a salvare le mucche isolate negli allevamenti di montagna ma si disinteressa dei nostri simili lasciati al freddo nei tuguri in cui li abbiamo costretti. 
Allo stesso modo l'Amministrazione ha sbagliato nel non dare risalto ad un fatto che ha invece estrema importanza: l'offerta fatta dalla comunità bengalese di aiutare volontariamente a spalare la neve, senza pretendere compenso, come espressione di gratitudine alla città di Falconara a cui sentono ormai di appartenere. Un sindaco che avesse a cuore il futuro della cua comunità darebbe estremo risalto pubblico a questo fatto, come esempio di amore e fratellanza, come auspicio per una integrazione possibile.
Nel caso in esame è questa la mia Nuda Veritas che sento il dovere, da cittadino, di affermare: forse qualcosa o qualcuno, in questa amministrazione, sarà pure in grado di lavorare discretamente bene, nell'interesse comune. Ma è troppo poco. Quello che manca, e che rende questa Amministrazione inadeguata, è il cuore ed è la lungimiranza. E senza cuore e lungimiranza, così come senza Verità, non c'è futuro per la nostra società.

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martedì 7 febbraio 2012

il patrimonio territoriale come bene comune

Stavo accingendomi ad affrontare uno dei temi a me più cari relativamente alla costruzione della società futura: il governo del territorio, quand'ecco che Alberto Magnaghi ( il "grande vecchio" del pensiero ecologista-territorialista, autore del bellissimo saggio "il progetto locale") pubblica un articolo sul Manifesto al quale sento di non potere e non dovere aggungere alcunchè. 
Eccolo:


Per ragioni di simmetria vorrei aggiungere un settimo pilastro ai sei che Guido Viale enuncia (il manifesto del 2 febbraio) come alternativa strategica ai sette della saggezza del governo avanzati da Alberto Asor Rosa.
Si tratta della valorizzazione del patrimonio territoriale come bene comune. Anzi forse più che di un pilastro si tratta di un plinto di fondazione che regge gli altri sei.
Con la maturità della modernizzazione si sono consolidati i concetti di patrimonio naturale (bellezze naturali, biotopi, zone umide, parchi naturali) e culturale (siti archeologici, monumenti, centri storici) per i quali l'Unesco, il Consiglio d'Europa e molti altri organismi sovranazionali promuovono politiche di conservazione.
Si è cosi consolidato nel tempo un doppio regime di governo del territorio: da una parte una porzione di territorio minoritaria e puntiforme (i beni del patrimonio naturale e culturale appunto) "tutelata" rispetto alle leggi dello sviluppo economico; si tratta di una compensazione (o cattiva coscienza?) nei confronti dell'altra parte del territorio ( che va dal 70 al 90%) sottoposto invece alle suddette leggi, nonché al saccheggio e al consumo in quanto mero supporto tecnico della civiltà della tecnoscienza, ovvero di un processo produttivo fondato sulla edificazione di un insediamento umano totalmente artificiale, liberato dai "vincoli" della natura e della storia. Tuttavia, con la crescita di consapevolezza culturale e sociale della insostenibilità di questo modello schizofrenico, ne è iniziata da tempo l'erosione a partire da diversi ambiti culturali di controtendenza, che hanno operato una sorta di "scavo delle fondazioni" di una nuova visione ecologica e territorialista, che ha messo in causa la concezione stessa di "patrimonio".
Esemplifico alcuni di questi "scavi" (senza purtroppo lo spazio per documentarli):
1. Molte ricerche, progetti e piani territoriali sperimentano metodi e pratiche di integrazione multisettoriale, partecipativa e multiscalare del governo del territorio; affrontano dunque il passaggio da forme di pianificazione regolativa rispetto agli squilibri dei sistemi di produzione e di mercato dati (nei quali territorio, ambiente e paesaggio avevano un ruolo strumentale), a modelli di pianificazione identitaria e statutaria che assumono il patrimonio locale e il suo governo sociale come mezzo di produzione di ricchezza durevole, attraverso forme di neomunicipalismo;
2. Molti studi e progetti urbani rifocalizzano l'attenzione dalle politiche espansive con forte consumo di suolo agricolo e modelli di urbanizzazione periferica e diffusiva verso la rigenerazione e il recupero dell'urbanità e degli spazi pubblici, il superamento delle periferie verso modelli policentrici di città di città, la riqualificazione dei rapporti fra città e campagna, attribuendo alla agricoltura periurbana compiti complessi di riqualificazione dell'abitare urbano;
3. Le frontiere innovative delle discipline e delle politiche agroforestali superano l'orizzonte dei programmi di ottimizzazione dell'economia aziendale verso la pianificazione integrata e multisettoriale degli spazi aperti (agricoltura di qualità e tipica, salvaguardia idrogeologica, complessità ecologica, qualità paesaggistica, reti corte fra produzione e consumo, ripopolamento rurale e valorizzazione dei paesaggi rurali storici);
4. Le discipline che affrontano il patrimonio ambientale e culturale registrano in alcune esperienze di piani regionali e di area vasta una discontinuità progettuale fra le politiche di conservazione di aree protette caratterizzate dalla separazione fra natura e cultura e una concezione patrimoniale integrata dell'ambiente (reti eco-territoriali) e del territorio (progetti di territorio, di bioregioni, di paesaggio) estesa a tutto il territorio regionale;
5. in questo percorso le discipline archeologiche vanno attribuendo centralità ad un approccio territoriale globale, passando dalla priorità del sito a quella del contesto territoriale e paesaggistico, con interpretazioni multidisciplinari e multifattoriali; nel quadro di una tendenza più generale a considerare i sistemi di beni culturali come parte integrante e interconnessa del patrimonio territoriale; ciò comporta, ad esempio, i passaggi concettuali dal museo all'ecomuseo, dal centro storico al territorio storico, dalle eccellenze paesaggistiche ai paesaggi rurali e urbani nella loro integrità territoriale, ambientale e di uso sociale (mondi di vita delle popolazioni, secondo la Convenzione europea del paesaggio);
6. Molte ricerche e sperimentazioni locali in campo energetico spostano l'attenzione verso i bilanci energetici territoriali, il risparmio e la produzione locale di energia da fonti rinnovabili; nelle esperienze più avanzate, esse si incentrano sulla produzione di mix energetici locali in coerenza con la valorizzazione delle peculiari qualità energetiche del patrimonio territoriale e del paesaggio;
7. Le discipline idrogeologiche spostano da tempo l'attenzione progettuale dai piani settoriali impiantistici di mitigazione del rischio idraulico e inquinologico verso piani integrati di bacino che mobilitano, nelle esperienze più avanzate, relazioni multisettoriali per rendere coerenti fra loro azioni relative alla sicurezza idraulica, alla riqualificazione ambientale e paesaggistica, all'agricoltura di presidio, ai corridoi ecologici, ai beni culturali, al turismo, alla mobilità dolce, alla navigabilità; questi piani attivano nuovi strumenti partecipativi come i contratti di fiume e i piani di sottobacino mobilitando le energie sociali dei territori di riferimento;
8. Molti progetti e politiche infrastrutturali si riposizionano, rispetto alle visioni che privilegiano l'attraversamento del territorio (piattaforme logistiche, alta velocità, grandi corridoi) verso visioni integrate delle infrastrutture come servizio alla fruizione dei sistemi locali territoriali (integrazione dei sistemi infrastrutturali, sviluppo della mobilità dolce, recupero della viabilità storica su ferro e su gomma, per la fruizione dei beni e dei paesaggi locali);
9. Molti approcci distrettualisti ai sistemi economici locali sono evoluti verso le tematiche dello sviluppo locale; trattando in questo passaggio sia filiere integrate dall'agricoltura, all'artigianato, alle piccole e medie imprese, al terziario avanzato; sia le relazioni fra tipologie dei sistemi produttivi e qualità e valorizzazione dei patrimoni ambientali, territoriali, energetici e paesaggistici;
10. Componenti rilevanti delle discipline geografiche affrontano le relazioni fra il "mondo e i luoghi" evidenziando il ruolo dei milieu locali e dei sistemi locali territoriali nei processi di sviluppo e nella rideterminazione delle relazioni fra locale e globale;
11. Le discipline storiche, antropologiche e giuridiche sviluppano attenzione all'ambiente, al territorio, ai modelli socioculturali di lunga durata, ai modelli di gestione partecipata dei beni comuni; cosi come le problematiche filosofiche riaprono il discorso sulla Terra, sul paesaggio, sull'etica della cura, approfondendo le relazioni fra formazione del pensiero e luoghi.
Questi mondi culturali, protesi a ridefinire il protagonismo del patrimonio territoriale nella conversione ecologica e /o territorialista della società, costituiscono essi stessi un patrimonio diffuso, operante in controtendenza in molte università, centri di ricerca, enti di governo del territorio; di questi mondi intendiamo dare testimonianza attiva nella neonata Società dei territorialisti e delle territorialiste (www.societadeiterritorialisti.it).
È dal crescere di queste culture che un nuovo concetto di patrimonio territoriale (che integra patrimoni ambientali, urbani, insediativi energetici, agroforestali; saperi, sapienze e modelli socioculturali locali) prende corpo come base per un'altra concezione di produzione della ricchezza fondata sulla sua valorizzazione.
Ma il passaggio decisivo in questo percorso è stato ciò che ho messo emblematicamente a sottotitolo del mio testo "Il progetto locale": la crescita di coscienza di luogo, ovvero la trasformazione culturale che ha investito il pullulare esponenziale di vertenze territoriali, dallo specifico tema della mobilitazione, alla ricostruzione del senso di appartenenza collettiva a un territorio di cui si riscoprono, si riconoscono e si riappropriano, nel corso delle lotte, valori, identità, paesaggi, culture produttive e artistiche semisepolti, di cui prendersi cura come beni comuni.
È qui che il percorso di riconoscimento del patrimonio territoriale come bene comune, base materiale e immateriale per la produzione di ricchezza durevole, assume il suo spessore culturale e politico. È a questo punto che i soggetti variegati che ho elencato, che esprimono nel loro insieme una nuova cultura operante della trasformazione, se valorizzati in nuove forme di committenza "sociale", possono cooperare alla crescita di aggregati societari locali composti da cittadini-produttori, da nuovi agricoltori, da intraprese economiche a valenza etica; a condizione che interagiscano con questi aggregati governi locali e strutture finanziarie finalizzati alla crescita del benessere sociale e della felicità pubblica, e all'attivazione di forme di autogoverno per la gestione sociale dei beni comuni.

Alberto Magnaghi

venerdì 3 febbraio 2012

nuovo Art.21 della Costituzione: libertà di tacere


Nei giorni scorsi mi erano giunte voci sul fatto che qualcuno, in Provincia, si sarebbe offeso leggendo nel mio blog un post che criticava duramente il modo con cui si gestiscono i lavori di manutenzione dei corsi d’acqua.  Poichè non era – e non è mai – mia intenzione offendere alcuno, ho provveduto a rimuovere quel post precisando che i miei interventi hanno una finalità essenzialmente politica non certo quella di denigrare persone.
Ieri, senza alcun preavviso e relativamente ad un altro post (“mostri” del luglio 2011) mi è stata notificata addirittura una querela per diffamazione.
Inutile innanzi tutto togliere dal blog anche quel post, e dopotutto, rivedendolo e considerando il naturale stato di indignazione che la vicenda del rigassificatore ha generato in me, non ho individuato gli estremi per una diffamazione (ma questo è ovviamente un mio modo di vedere le cose) giacchè ho separato chiaramente l’ambito dell’invettiva politica generale, dalla dichiarazione di atti compiuti dai personaggi politici falconaresi, ivi citati, che sono dati oggettivi difficilmente confutabili.

Perchè il personaggio che si è sentito offeso non ha usato altri modi per comunicare il suo disappunto? Poteva telefonarmi, poteva inviarmi una nota di diffida. Se il problema era il post, poteva chiedermi di eliminarlo e io l’avrei fatto, perchè la cosa che mi interessa davvero meno è proiettare la battaglia politica sul piano personale.
Ognuno è libero di pensare e fare quello che vuole, a mio modesto parere. Ma  ognuno è anche responsabile di quello che fa.

Ho la sensazione che la persona che si è sentita offesa sia stata infastidita più che dal linguaggio colorito (ma popolare) usato nel post, dall’aver associato delle azioni all’immagine ed al nome di colui che le ha condotte.
E’ la sindrome del perbenismo, tipico della morale borghese di tradizione cattolica, del “si fa ma non si dice”. La persona quindi si sente diffamata non perchè sono state dette cose non rispondenti a verità, ma perchè cose volutamente taciute (quindi pubblicamente occultate) sono rivelate in pubblico.
Questo è l’esempio più chiaro ed eclatante di come i politici – in genere – rifuggano dal senso di responsabilità al quale, in quanto rappresentanti dei cittadini, dovrebbero invece sentirsi vincolati.
Liberarsi delle proprie responsabilità porta il dirigente a dichiarare pubblicamente di non poter svolgere il proprio lavoro (per mancanza di fondi, per lacune della sfera politica,...) ma rimanere comunque dirigente. Porta un Presidente della Regione ad essere eletto con il preciso mandato di attuare il PEAR, incentrato sulle energie pulite, e tuttavia assecondare investimenti che puntano sulle fonti fossili non rinnovabili . Porta al facile passaggio da un patito all’altro, da una coalizione all’altra. Porta anche un capo dello Stato a nominare un governo non eletto dal popolo.

La politica sembra così appartenere ai politicanti. E’ “cosa loro”,da cui i cittadini sono esclusi.
L’identificazione del politico con la propria casta porta al genere di confusione che ha alimentato, evidentemente, l’azione di chi mi ha denunciato, il quale ha confuso l’attacco alla “casta” politica –alla quale pertanto egli sente di appartenere - con un attacco alla sua persona.

Questa è, a mio avviso, una possibile interpretazione del perchè sia stato accusato di diffamazione.
Tuttavia la cosa strana è che, tra i politici falconaresi che ho nominato nel post, la persona che mi ha denunciato è quella più estranea alla politica attiva e che non può certo dirsi danneggiata, politicamente, dalle mie affermazioni dato che i lettori del mio blog non la voterebbero di certo .
Allora perchè lo ha fatto?
Continuano a giungermi voci di un’altra denuncia che sarebbe già stata inoltrata dalla Provincia, sempre per affermazioni fatte nel blog.
Se così fosse, allora il sospetto di trovarmi di fronte ad una “esecuzione” da parte della casta politica dominante si farebbe strada fino a diventare certezza.
Se poi penso che siamo agli inizi del 2012, e tra un anno ci sono le elezioni a Falconara, la cosa mi sembra sempre più verosimile.
Non mi candiderò a quelle elezioni, ma loro non lo sanno, e mi vedono come un nemico potenziale da eliminare il prima possibile.
Di questi tempi, considerato il livello di degenerazione raggiunto dalla politica in Italia, l’interdizione della libertà di parola e di stampa, l’epurazione degli avversari politici, l’arbitrio, diventano la prassi. Qui, come in ogni altro paese dove vige un regime non-democratico.