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spazio libero di chi vuole un futuro migliore per la nostra città

venerdì 28 dicembre 2012

risparmiare, riqualificare, occupare

Bisognerebbe riqualificare la città, ma non ci sono i soldi...bisognerebbe stimolare nuova occupazione, ma non ci sono i soldi. Sono le affermazioni ripetute in coro dalle amministrazioni locali che si basano tutte su un assunto: senza soldi dobbiamo pensare a "sbarcare il lunario" dimenticandoci dell'obiettivo di migliorare le condizioni della vita civile, rinunciando al futuro.
Ma siamo davvero sicuri che coniugare risparmio di spesa pubblica, riqualificazione della città e individuare nuove opportunità occupazionali sia un'impresa impossibile? Siamo sicuri che in tempo di crisi non ci siano le condizioni di perseguire la buona politica?
No, io non ne sono affatto sicuro. Penso anzi che la crisi, la mancanza di fondi, possa essere uno stimolo, un invito a cambiare il modo e il "senso" della gestione della cosa pubblica.
Pensiamo alle nostre aree verdi. Oggi il Comune spende migliaia di euro per una manutenzione insufficiente che espone molte di queste aree al degrado favorendo la loro frequentazione da parte di persone che vedono nel degrado un rifugio e un'opportunità. La risposta del Comune è quella di mandare volontari a esercitare una sorta di azione di polizia per contrastare l'avanzata della marginalizzazione sociale.
Ciò significa ridursi a gestire il degrado, rinunciando alla missione di migliorare, cambiare positivamente la città.

Ma se invece di comportarsi da semplici gestori-burocrati, si pensasse a svolgere pienamente il ruolo di "amministratori", ci si accorgerebbe che l'unico modo per invertire il processo di degrado è quello di portare gente nei luoghi pubblici. Per fare questo occorre incentivare nuovi usi compatibili tra quelli rispetto ai quali è evidente la presenza di una domanda sociale.
Con una popolazione che invecchia sempre di più e che soffre gli effetti della crisi l'idea di destinare buona parte delle nostre aree veredi alla realizzazione di orti urbani può essere una risposta adeguata. 

In cambio dell'uso delle aree pubbliche e nel rispetto di un preciso protocollo, si può chiedere ai fruitori un canone di affitto o l'impegno a gestire la restante parte del verde. La presenza costante di persone nelle aree verdi favorirebbe poi la possibiltà di collocare strategicamente dei chioschi-bar. Strutture leggere che si offrano come punti di incontro per giovani ed anziani capaci di garantire nuova occupazione e nuove entrate per le casse comunali da dedicare alla manutenzione del verde.

Se ben programmato questo nuovo modello gestionale potrebbe garantire l'autosostentamento delle aree verdi o, detto i altri termini, l'azzeramento della spesa pubblica dedicata a quel settore.









Certo è che l'entità della riduzione del flusso di entrata nelle casse comunali imposto dalla crisi e dal debito pubblico è ormai un fattore strutturale che impone anche di riconsiderare l'ampiezza del servizio pubblico ed il livello di parteciazione diretta del cittadino nella gestione della cosa pubblica.
Un aspetto da riconsiderare è ad esempio il concetto di "pertinenza" dello spazio privato rispetto a quello pubblico. Oggi la divisione della responsabilità nella cura degli spazi tra publico e privato è regolato dai perimetri catasatali delle aree per cui la mia responsabilità di privato proprietario di un immobile finisce sulla recinzione, al di là della quale ci pensa il Comune. Unica eccezione considerata è quella relativa al "decoro" urbano che consente al Sindaco, in casi di accertata gravità, di ordinare interventi di risanamento di edifici o spazi privati.
Se estendiamo il concetto di decoro, riferito all'ambito di percezione, al concetto più esteso di "cura", riferito all'ambito di relazione, potremmo individuare alcuni spazi pubblici intimamnete legati alla presenza degli spazi privati e funzionali in modo particolare ad essi.
Prendiamo l'esempio di un marciapiede antistante ad un'abitazione. 
Se è vero, come è vero, che l'usura a cui è soggetto quel marciapiede dipende in massima parte dalla fruizione pedonale o carrabile da parte dei proprietari dell'abitazione adiacente; se è vero, come è vero, che il marciapiede costituisce una protezione ed un accesso all'abitazione stessa; non sarebbe allora giusto che il proprietario dell'abitazione si prenda "cura" della manutenzione di quel marciapiede?

Quanto potrebbe risparmiare un Comune semplicemente introducendo questo novo modo di interpretare il rapporto pubblico-privato?
E se si introducesse, come forma di progresso civile, anche l'idea che ciascun cittadino debba dedicare almeno quattro ore a settimana in lavori di manutenzione dei beni pubblici o in servizi di assistenza sociale, a partire dalle situazioni di vicinato, con la possibilità di pagare altri soggetti per farlo al suo posto, non avremmo conseguito questo risparmio di risorse pubbliche assieme ad una riqualificazione sociale e ad un contributo alla messa in moto di nuove economie e nuove forme di occupazione?

Ho detto che in questo blog non mi voglio più occupare di politica ma soltanto offrire ai politici alcune idee per l'urbanistica e il territorio di Falconara, ma la politica torna fuori inevitabilmente ogni volta che si definiscono azioni concretamente possibili ed è, inevitabilmente, una politica nuova e diversa, lontana anni luce dalle frasi fatte dei nostri amministratori, dei vaghi programmi elettorali, dalle varie "agende" scritte con orizzonti e finalità che nulla hanno a che fare con i soli obiettivi che la politica dovrebbe avere: il benessere dei cittadini ed il progresso sociale.

sabato 15 dicembre 2012

Sosta per la città o città per la sosta?

La questione parcheggi ritorna sempre alla ribalta con l'avvicinarsi delle elezioni. Accanto al tema della sicurezza è sicuramente il più gettonato nei comizi politici. Sicurezza e Parcheggi, sembra che i cittadini non vogliano altro. E allora la politica rosponde mettendo sul piatto della bilancia il peso dei numeri: numero di vigili, poliziotti, telecamere da mettere in campo e numero di posti auto, possibilmente concentrati in opere grandi e ben visibili.
Tutto questo ha forse senso in una campagna pre elettorale che si rivolge - oggi più che mai - al popolo bue. Tutto questo non ha alcun senso se si vuole affrontare il problema della sosta che, come tale, non è che una componente del problema generale della mobilità.
La sosta infatti non è una funzione, ma una condizione che permette lo svolgimento di una funzione: fare acquisti, lavorare, frequentare servizi e luoghi pubblici, andare a scuola, etc...
La prima cosa che la mobilità deve fare, la prima preoccupazione che si deve porre, è quella di non interferire con lo svolgimento della funzione a cui serve. 
Se quindi mi accorgo che l'esercizio della funzione che devo svolgere nella città è intralciato dal traffico e dal modo di fruire del  parcheggio allora c'è qualcosa che non va. E' come se usassi un coltello dalla parte sbagliata non riuscendo a tagliare in modo adeguato le fette del salame.
Non servono quindi megacontenitori di auto da collocare magari nelle zone centrali e importanti della città, ciò che serve è concepire un sistema della mobilità che contempli spazi adeguati alla sosta "fuori dai luoghi della funzionalità urbana" ma verso i quali si possa accedere facilmente.

Se guardiamo a Falconara vediamo che i luoghi di attrazione di funzioni urbane sono il centro città e la zona dei centri commerciali. Potremmo ipotizzare una linea di trasporto pubblico veloce (bus navetta) che colleghi queste due zone facilitando lo spostamento senza auto. Disegnando il percorso del nuovo bus ci accorgeremmo che lungo quel percorso si collocano gli spazi già disponibili - o potenzialmente disponibili - per organizzare delle aree di sosta di medie-grandi dimensioni.



Alcune di queste, come l'area della stazione metropolitana dello Stadio di prossima realizzazione, hanno la natura di parcheggi-scambiatore, altre, come l'area ex angelini vicino allo svincolo della superstrada, potrebbero ospitare rimessaggi a più lungo periodo di permanenza, anche al coperto, come ad esempio il parcheggio camper.
 
La sosta quindi trova spazi adeguati al tempo di permanenza. Più lontani, estesi ed attrezzati, per le medie e lunghe permanenze, più vicini, piccoli ed essenziali per la sosta breve. Meno costosi o gratuiti i primi, più onerosi i secondi.
 Al centro esistono già spazi disponibili, come i parcheggi sotto la chiesa di S.Antonio ed altri potrebbero essere individuati, basti pensare al possibile ridisegno della piazzetta e dei giardini di S.Francesco, all'acquisizione del supergarage ed al ridisegno dell'antistante spazio al'aperto.

La messa a disposizione da parte delle ferrovie dell'area a nord della stazione, da estendere fino a comprendere l'area del distributore carburanti, potrebbe essere l'occasione di realizzare un parcheggio a raso alberato, del tipo di quello esistente a sud della stazione di Senigallia. Un pacheggio agile a servizio della stazione ed un'occasione di riqualificazione ambientale di una zona particolarmente soggetta al problema delle polveri.

Interventi a basso costo, fattibili, che non impegnano l'amministrazione in complessi accordi con soggetti privati. Che soprattutto non mettono nelle mani dei privati la gestione dei parchimetri per 25 anni determinando una condizione per la quale quello dei parcheggi dovrà restare un "problema", una situazione rispetto alla quale si dovrà mantenere un disagio per essere quindi disposti a pagare per usufruire del prezioso posto auto.
Continiamo a non capire...... si continua a confondere il servizio pubblico con un'occasione di profitto. Chi ci rimette poi è sempre il cittadino ed è difficile credere che gli amministratori seplicemente non si accorgano di questo paradosso...
In queste cose, non nei proclami o nei programmi elettorali, si misura la vecchia e la nuova politica, la politica fatta dalla gente per bene a favore del popolo o quella fatta dai furbetti a favore degli amici.

sabato 8 dicembre 2012

La Piazza: il cuore della città

Il centro di una città è il luogo in cui risiede la sua anima e la Piazza è l'immagine che l'identifica.
Piazza Mazzini oggi non rappresenta questo . Piazza Mazzini non evoca Falconara.
E' un luogo aperto anonimo. Spesso affollato ma anonimo, pieno di gente di passaggio o che sprofonda sgomenta nella solitudine opprimente degli extracomunitari che lì cercano l'incontro con una città che si volta dall'altra parte. Un incontro che non avverrà mai, con una comunità che non c'è più... che ha lasciato il posto ai passanti.
Un tempo, quando c'era la scuola elementare, il circolo dei repubblicani, il bar corallo... Piazza Mazzini era l'immagine della comunità falconarese del dopoguerra, quella dei bagnanti, dei ferrovieri, del rito delle pastarelle per il pranzo della domenica mattina, del sogno della grande pallavolo...

Poi tutto è cambiato. La Piazza si è spogliata dei riferimenti della tradizione ma non ha assunto nuovi caratteri.
Che cosa possiamo fare oggi per ritrovare Falconara a Piazza Mazzini?
Oltre a riportare le scuole elementari lì dove è giusto che stiano, oltre a promuovere il ritorno di un circolo culturale, penso che si dovrebbe avere il coraggio di smantellare i brutti arredi che si sono accumulati negli anni, le improbabili fontane che occupano lo spazio di quella che dovrebbe tornare ad essere la piazza-giardino di Falconara. Penso anche che si dovrebbe dare alla Piazza un respiro nuovo e più ampio: un respiro di mare.
 
Se guardiamo via Cavour, che taglia a metà la Piazza collegandola alla stazione ferroviaria (ed al mondo), ci accorgiamo che quella via è la direttrice su cui si imposta il sottopasso della stazione che porta ai binari. In fondo a quel sottopasso c'è un muro. Oltre quel muro c'è la spiaggia.
Collegare Piazza-giardino, stazione e spiaggia significa riunire tre caratteri identitari di Falconara. Significa portare l'immagine balneare - l'unica che dà colore oggi a Falconara - nel cuore del centro urbano, vitalizzandolo.



Sempre in Piazza Mazzini c'è l'area ex-Fanesi. Un'area divenuta imbarazzante perchè simbolo degli errori e della mancanza di idee della nostra classe politica. Se l'iniziativa del teatro era un volo pindarico, l'ostinazione posta nella svendita del bene, per raccattare qualche soldo, pecca di assoluta miopia. L'ex Fanesi è di fatto una opportunità eccezionale. Non un qualsiasi bene immobiliare, ma un edificio pubblico nel cuore della città.
La sua vocazione è quella di divenire un luogo rapresentativo della città nel territorio, un luogo di attrazione capace di contribuire all'dentità di Falconara come un tempo, e in parte ancora oggi, il vicino locale di Bedetti.
Ma che cosa, quale funzione da collocare nell'ex Fanesi, potrebbe oggi dare identità a Falconara?
Giorni fa Loris Calcina rifletteva sul fatto che sarebbe bello potenziare la mostra del fumetto per farne un evento permanente e di grande richiamo per la città e che l'ex Fanesi si poteva prestare a diventare una sede dedicata, magari trasferendovi la scuola esistente a Jesi.  Un'ottima idea su cui si dovrebbe lavorare. Si potrebbe proporre un progetto alla Rainbow di Recanati per rafforzare nelle Marche ciò che qui è germogliato.  
Ma quella del fumetto è soltanto una delle possibilità che potrebbero trovare luogo a Falconara. Si potrebbe pensare al design industriale, alla multimedialtà, al webdesign o ad un polo della sostenibilità e della ricerca applicata all'ambiente, facendo leva sulla presenza - oggi sottovalutata - del centro di educazione ambietale.
Invece di "tenere nascosto" l'ex-Fanesi vergognandosi del fatto che gli speculatori edilizi snobbano i bandi per l'alienazione, l'Amministrazione comunale dovrebbe offrire lo spazio - come una opportunità preziosa - ad attività che volessero trasferirsi a Falconara o qui creare una nuova iniziativa, a patto che si concordi in un progetto che coinvolga la città in un processo di valorizzazione culturale ed economica. Un progetto capace di dare nuova identità.
Oggi  l'Ammnistrazione comunale deve mostrarsi capace di credere e di investire nel futuro, non di tirare avanti da mediocri ragionieri con il solo obettivo di chiudere il bilancio annuale.

domenica 2 dicembre 2012

il "borgo marinaro" c'è già

Villanova non è solo il quartiere appiccicato alla raffineria, il quartiere degli immigrati e dei rom.
A Villanova, ad esempio, cìè l'unica strada di Falconara che raggiunge il mare, insinuandosi tra le case, la ferrovia e l'API.
via Monti e Tognetti era la strada che portava alla vecchia Marina, la strada che porta a quella Falconara che sarebbe potuta esistere se non si fosse fatta la scelta industriale. La strada della città perduta è anche quella della città possibile.
Tre situazioni si susseguono lungo la via senza interruzioni se non la ferrovia:
- l'area ex Antonelli, di proprietà comunale
- l'area della ex squadra rialzo, di proprietà dell'API
- l'area dell'ex tiro a volo, di proprietà comunale
Tre aree per tre progetti possibili.

L'area ex Antonelli ospita oggi i mezzi dell'ufficio tecnico comunale ed è in diffuso stato di degrado. Eppure quel gran piazzale circondato da edifici-laboratorio dal sobrio aspetto liberty, aperto sulla Nazionale, si offre come luogo urbano per eccellenza, come spazio aperto pubblico, non come zona chiusa e recintata.
I ragazzi di Villanova ( sono tanti i giovani nel quartiere!) hanno bisogno di incontrarsi e di sentirsi inseriti nella società. Hanno bisogno di stimoli culturali e di occupazione. Allora perchè non fare proprio dell'area Antonelli un'area progetto per i giovani?
Un luogo in cui formare i ragazzi ai mestieri artigiani, all'edilizia, al recupero di materiali e di manufatti usati.
In accordo con le associazioni di categoria, utilizzando il sapere dei vecchi artigiani in pensione chiamati a svolgere il ruolo di insegnanti, si protrebbe, ad esempio, ristruttrare il complesso edilizio all'interno di un corso per la formazione di muratori specializzati. All'interno del piazzale potrebbe essere ospitato un mercato settimanale dell'usato. Nei laboratori potrebbero trovare spazio attività di trasformazione di materiali di scarto in oggetti di design, o che tramutino vecchie bici in bici elettriche, o che riassemblino le parti dei vecchi computer per crearne nuovi da vendere a basso costo.

Lo potremmo chiamare  Piazzale Antonelli: il laboratorio delle arti e dei mestieri.

Per la ex Officina Squadra Rialzo si sono già spese molte parole e molte polemiche. Alcuni mesi fa, prima che L'API gelasse tutti con l'annuncio di voler chiudere la raffinazione, avevo collaborato ad una sorta di indagine esplorativa per un possibile riuso del bene che vedesse coinvolta la proprietà.
La proposta avanzata in quella sede si basa sull'estensione del museo della ferrovia ( è noto il valore dei mezzi ferroviari storici contenuti nei locali della ex officina) in un concetto più ampio e suggestivo del "museo del novecento" - o museo del Lavoro - incentrato sulle attività lavorative che hanno segnato la nascita e lo sviluppo della comunità falconarese: la piccola pesca, la ferrovia, la raffineria.
La sezione del museo ferroviario potrebbe così essere affiancata dalla sezione del museo della barca da pesca tradizionale e della vela al terzo, e da una terza sezione dedicata alla petrolchimica. Il tutto gestito per mezzo di una Fondazione in cui partecipano l'API, il Comune di Falconara ed altri soggetti pubblici e privati interessati a condividere un progetto culturale di grande portata, che sia anche sede ideale di un vero laboratorio artistico del teatro e della musica, con spettacoli e iniziative continuative.
La sezione delle imbarcazioni storiche è prevista, in qesto progetto, nella parte dell'area che si apre verso la spiaggia.

Quella parte della spiaggia di Villanova - prossima alla raffineria - appare oggi per molti versi un'area problematica: non balneabile, spasso invasa dalle alghe, col sottosuolo probabilmente inquinato da indrocarburi. Ma è anche un'area di straordinario fascino e intensa bellezza, specie la sera quando il sole illumina il promontorio di Ancona.
La sipaggia di Villanova è davvero l'inizio, l'ingresso della spiaggia di Falconara. La sua accessibilità, la vicinanza del quartiere e la ex squadra rialzo, la presenza della delegazione della Capitaneria di Porto,delle associazioni dei piccoli pescatori, della sezione locale dell Lega Navale suggeriscono l'idea che qui si possa realizzzare un approdo ed un rimessaggio di imbarcazioni di piccola dimensione.
 Non il megaporto di Bohigas, ma un luogo più in scala con la nostaglia di un'anima marinara fatta di batane di legno, di nasse, di retine, di partenze all'alba quando il mare è una tavola, di racconti invernali di imprese marinare ingigantite dal vino. Lì può ricrearsi anche una nuova economia attorno alla piccola pesca, ora che sono entrati in crisi i grandi pescherecci dai motori superpotenti, ma anche al rimessaggio ed alla riparazione delle imbarcazioni, alla ricostruzione delle barche tradizionali in legno, magari con la nascita, nell'edificio dell'ex tiro a volo, di un bar o di un circolo dove ritrovarsi nelle fredde gionate d'inverno e organizzare feste nelle sere d'estate.
L'ansa della spiaggia a ridosso della raffineria potrebbe davvero ospitare un rimessaggio coperto, gestito da una cooperativa di propietari di imbarcazioni. L'intera spiaggia a ridosso della mura della ferrovia, in attesa che il previsto smantellamento degli scali merci permetta in parte altre soluzioni, potrebbe essere attrezzata per ospitare piccoli manufatti - grotte in muratura simili a quelle scavate nella rupe del passetto - da usare come ricovero per le barche.

Accanto a queste tre azioni, può trovare senso e fattibilità economica il recupero dell'area ex Filipponi, con usi misti commerciali e residenziali, ma anche il riutilizzo a fini sociali delle ex scuole Lorenzini.



In attesa che la raffineria decida il suo futuro, in attesa che le ferrovie decidano di smantellare gli scali merci.... nell'attesa, con poco si potrebbe cambiare decisamente in meglio la qualità della vita del quartiere e contribuire in modo importante alla rinascita della città di Falconara, al risveglio dell'identità della comunità che la abita. Una comunità rinnovata ma che ha comunque tantissimo bisogno di ritrovare le sue radici.