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martedì 12 giugno 2018

Dov'è finita la Politica ?

Nei palinsesti televisivi dilagano i dibattiti in cui personaggi ritenuti "autorevoli" (redattori di giornali, politici, filosofi, economisti e "opinionisti") commentano le vicende della politica nazionale.
Si ha però la sensazione, ascoltando questi talk-show, che più si allarga la discussione sulla politica e meno è presente la politica nella discussione.
Soprattutto quello che sta scomparendo è il ragionare in senso politico, mentre acquista sempre più spazio l'atteggiamento emotivo o il pre-giudizio ottuso.
Senza dubbio una delle cause di questo scivolamento verso il banale è legata all'avvento dei social web e degli smart-phones che impongono una semplificazione della complessità dei fenomeni che hanno a che fare con la politica ed una regressione della capacità visiva: una sorta di miopia che non riesce a percepire la profondità e  la vastità dei fenomeni. Vittima sacrificale di questo processo di involuzione è il pensiero critico, l'autoanalisi, la messa in discussione delle proprie convinzioni, l'interesse a comprendere davvero le ragioni dell'altro.
Un esempio per me eclatante di questo smarrimento della dimensione politica è la questione dell'immigrazione.
Affermare che bisogna salvare le persone abbandonate in mare che rischiano di annegare è un ragionare umanamente, eticamente ed emotivamente giusto. Ma se se pretendiamo di trasferire questa giusta reazione emotiva sul piano del pensiero e dell'azione politica commettiamo un errore fatale.
Il pensiero politico è quello che di fronte al "caso" drammatico esamina la questione nel suo complesso e con la dovuta freddezza si chiede: Da cosa deriva questo fenomeno? E' una dinamica giusta o sbagliata? E se è sbagliata, come posso fare per fermarla?

Per spiegare in modo semplice e diretto cosa intendo dire mi servirò di un sogno che feci tempo fa e che mi apparve da subito come una sorta di "parabola" esplicativa dell'argomento.
Mi trovavo lungo le sponde di un bel fiume e poco più a valle c'era un ponte. D'improvviso c'è una scossa di terremoto ed un'arcata del ponte crolla con grande fragore. Mi avvicino d'istinto per vedere l'accaduto ed ecco che dalla strada sopra di me un'auto in transito precipita nella voragine rotolando nel greto del fiume.  Corro a vedere se i passeggeri dell'auto sono ancora vivi e noto che uno dei due si muove. Mentre tento di liberarlo un furgone precipita anche lui dalla strada. Che fare? Se mi metto a liberare le persone ferite intrappolate nelle lamiere nel frattempo altre auto cadranno nel vuoto!
Prendo la decisione di andare a fermare le auto che arrivano lungo la strada. Mentre mi arrampico sulla scarpata un'altra auto arriva in corsa e precipita. Raggiunta la strada, corro avanti e riesco a fermare un camion. Dico all'autista di andare a salvare le persone cadute  e vado avanti per fermare le auto in arrivo.
Ed ecco il significato del sogno: Se avessi scelto di salvare le persone senza pensare a fermare le auto in arrivo avrei fatto un ragionamento emotivo. Comprendere che è preferibile andare a fermare le auto reprimendo l'istinto di dare aiuto a chi ne ha bisogno è il frutto di un ragionamento politico.
Al di là della semplificazione, tornando alla questione dei migranti, un ragionamento politico porterebbe a chiederci perché così tante persone lasciano la loro terra, disposte a morire pur di raggiungere l'Europa?
Capiremmo allora che parte di quei disperati fuggono da guerre devastanti, parte dalla mancanza di futuro nella loro terra, senza lavoro e senza speranza di sopravvivenza.
In entrambi i casi a partire sono i giovani, spesso giovani coppie con bambini. La parte migliore e più sana della sterminata massa dei diseredati. Per ognuno di loro che parte restano 5 o 6 persone nei campi profughi o nei villaggi. Restano gli anziani, i deboli e i malati. Ma di loro - fuori dai riflettori dei mass-media - nessuno di accorge o si preoccupa.
In entrambi i casi - che provengano da guerre o da povertà estrema - questa migrazione non è che l'effetto di una politica planetaria, quella che chiamiamo liberismo della globalizzazione, che procura enormi vantaggi per le oligarchie economiche al potere.
Nei paesi dell'Africa subsahariana ciò che interessa al potere economico mondiale sono le risorse della terra: uranio, metalli pregiati, diamanti..e più di recente la terra agricola.
Se guardassimo alla presenza delle basi militati americane o francesi in Africa occidentale vedremmo una straordinaria coincidenza tra luoghi presidiati ed aree di sfruttamento delle risorse minerarie. In Senegal, grazie ad un cavillo giuridico "scoperto" da legali francesi, è emerso che le terre da sempre coltivate dalle popolazioni dei villaggi lungo il corso del fiume non appartengono a chi le coltiva, ma essendo un tempo di proprietà della Francia coloniale sono passate di fatto allo Stato del Senegal, che quindi può venderle per abbassare il debito coi paesi occidentali. Così accade che nei nostri supermercati troviamo dei meloni con su scritto "made in Senegal" prodotti in realtà da aziende cinesi che hanno comprato migliaia di ettari di terreno fertile tenendo alcuni dei residenti come operai salariati. Con la differenza che se prima un ettaro di terreno sfamava 10 persone, oggi in quell'ettaro ci lavorano una o due operai. Gli altri otto semplicemente non servono più e non hanno altra alternativa che affrontare il deserto ed il mare per esistere. Non hanno paura di morire perché partono già da "morti" con la speranza remota di riuscire a tornare in vita una volta arrivati in Europa.
Di fronte a questo scenario avvallare l'arrivo dei barconi carichi di profughi equivale, sul piano politico, a facilitare l'affermarsi delle politiche liberiste e globaliste. Una facilitazione che posta un secondo vantaggio ai capitalisti: quello di rettificare al ribasso le condizioni del lavoro degli operai europei, vanificando secoli di lotte per la conquista dei diritti sindacali, attraverso una competizione al massacro. E anche questa competizione trova sostenitori politici in quelli che predicano il diritto degli italiani sugli stranieri. Anche questi sono facilitatori delle politiche neoliberiste e global.
Ma tutto quanto accade è espressione di un pensiero politico. Se riteniamo che questo pensiero politico sia sbagliato dobbiamo affermarne uno diverso e più giusto, superando la dimensione emotiva.
Ricordo almeno tre persone che, nel recente passato, tentarono di affermare un diverso pensiero politico. Un pensiero che, pur con notevoli differenze , assumeva come fondamento il diritto dei popoli a vivere e lavorare nella loro terra, l'autodertminazione e la solidarietà.
Se queste persone fossero vive ed attive oggi, combatterebbero con tutte le loro forze l'idea che milioni di persone siano costrette a fuggire dalla loro terra. Non avrebbero mai assecondato questo fenomeno.
Queste persone si chiamano Enrico Mattei, Ernesto Che Guevara e Thomas Sankara. Persone che in diverso modo e con diversi approcci ideologici credevano fermamente nella necessità di costruire un futuro per i paesi del terzo mondo, un'economia di base che permettesse alle genti di vivere dignitosamente  nella loro terra, seguendo il filo delle loro tradizioni e delle loro culture.
Queste persone sono state tutte uccise su mandato delle oligarchie che governano il mondo.
Eppure un pensiero politico che voglia davvero affrontare la questine migranti non può che partire da lì e deve dimostrare di non voler avvallare - sul piano politico - il fenomeno delle migrazioni.
Non si tratta quindi di discutere se accogliere le barche di profughi o pretendere che le accolgano altri. Se non c'è dietro un pensiero politico entrambi gli atteggiamenti sono sbagliati perché limitati alla sfera emotiva e implicitamente agevolativi della politica neocapitalista delle grandi migrazioni di forza lavoro in esubero.
Un diverso pensiero politico dovrebbe essere capace di mettere in campo una diversa strategia di politica estera che, attraverso intese con i paesi dell' Africa occidentale, porti lavoro in quelle terre. Lavoro in cui potrebbero avere parte anche tecnici e laureati italiani. Si potrebbe cominciare dalla Tunisia - attraverso politiche di rilancio delle colture di ulivo, della pesca e del turismo - per poi coinvolgere via via i paesi del Sahel.
Ma un diverso pensiero politico dovrebbe anche porre il rifiuto a partecipare alle guerre che insanguinano il medio oriente. Proporsi come paese di pace che aderisce eventualmente alla NATO solo per il principio di difesa, non per quello di aggressione o gendarmeria planetaria.

Impostare una politica dell'accoglienza senza  un diverso pensiero politico, significa scadere nel "buonismo emotivo". Impostare una politica della non-accoglienza senza  un diverso pensiero politico, significa scadere nel "razzismo emotivo". In entrambi i casi si fa l'interesse del capitalismo planetario, si contribuisce ad attuarne il progetto politico..

E' questa la confusione che pervade le menti del mondo occidentale. E' una crisi di pensiero. Un predominio dell'emotività sul logos.

Riscontro la medesima confusione nella politica locale falconarese.
Non c'è scontro politico, ma soltanto scontro emotivo. 
Prendo ad esempio quella che per molti versi appare come una stranezza tutta falconarese: la  contrapposizione tra lista dei comitati e movimento 5 stelle in ambito locale.
E' un pensiero espressamente emotivo che porta  a preferire un personaggio come Loris Calcina a Bruno Frapiccini. Calcina è da molto più tempo impegnato sul tema dell'ambiente, è più preparato, ha una maggiore capacità oratoria e risulta più simpatico del suo avversario.
Ma il pensiero politico mette queste cose in secondo piano. Il pensiero politico valuta quale sia lo scenario più utile all'obiettivo, quello che offre più possibilità di condurre a termine con successo la battaglia che ci si propone. Questo soprattutto se c'è una difficile battaglia da affrontare. 
Se infatti l'affidarsi alla "brava persona" può essere sufficiente in un paesetto di duemila anima dove l'ambito di discussione politica si limita a  decidere sulla convenienza di spendere dei soldi per tappare le buche delle strade o per curare i giardinetti, di fronte ad una serie di questioni come API, aeroporto, sversamenti in mare, ex Montedison, by-pass ferroviario etc... occorre sviluppare un pensiero politico molto chiaro e funzionale.

Allora, partendo dalla sostanziale similitudine dei contenuti programmatici dei due gruppi politici - lista civica dei comitati e 5 stelle - si tratta di stabilire quali scenari siano più favorevoli per vedere affermati quei contenuti programmatici.
Analizzando le diverse opzioni, abbiamo la lista civica dei comitati che ha di fatto due possibilità (premesso che da sola non ha la forza di andare al ballottaggio): 
1- convincere il gruppo local del movimento 5 stelle a sciogliersi e confluire nella civica. Risultato: la possibilità di andare al ballottaggio e la speranza di vincere. In questo caso avremo una lista civica al governo della città priva però di referenti in regione e nel governo nazionale.
2 - allearsi con il PD al ballottaggio ed avere un ruolo nel governo della città, ben sapendo degli stretti legami tra PD e azienda API e del fatto che in tutti questi anni il PD ha avvallato sempre i desiderata della raffineria minimizzando i problemi ambientali della città.
I 5 stelle hanno invece una sola possibilità (escluso anche in questo caso la capacità di andare da soli al ballottaggio):
3 - convincere la lista civica dei comitati a confluire nel Movimento 5 stelle. Risultato: a possibilità di andare al ballottaggio e la speranza di vincere. In questo caso avremo una lista civica al governo della città con  referenti in regione e soprattutto nel governo nazionale.

Sul piano politico è evidente l'importanza di poter contare sul governo nazionale per affrontare una questione - quella dell'API (ma anche le altre) - che travalica la dimensione locale. Si pensi, come riferimento la questione dell'ILVA che viene affrontata necessariamente a scala nazionale.
Sul piano politico è quindi evidente che l'opzione più efficace - quella cioè politicamente più giusta - è la terza. Quell'opzione apre alla possibilità di incidere davvero sul problema laddove le prime due opzioni mostrano di non avere alcuna possibilità.

Per questo motivo - a Falconara - ho scelto di sostenere i 5 stelle. E questa scelta non ha nulla a che fare col sentimento di amicizia o distanza, di simpatia o antipatia, verso le singole persone. Perchè la politica è questione essenzialmente sociale, non personale.
Oggi la mia posizione non viene compresa dai più, stigmatizzata da alcuni. Forse perchè la politica non si sa più cosa sia...un gioco, un talk-show, un passatempo, una chat su facebook,... La politica è sempre evocata ma non si manifesta più da tempo. Dov'è finita la politica?