X FALCONARA

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venerdì 7 luglio 2017

Camminando per Falconara - 1.5

 Fiumesino, sul lato che si affaccia sulla strada statale adriatica, è la "porta" di Falconara. Un bel biglietto da visita, segnato dal relitto dello Stramotel e da un'esposizione di box da cantiere, evidentemente "a norma" rispetto alle destinazioni d'uso urbanistiche stabilite dal Comune. Il tutto collegato da piazzali vuoti e recinzioni.
D'altra parte in questa grande area di sosta non si ferma quasi mai nessuno, a parte i camionisti del CAF che lavorano in gran parte a servizio della raffineria.

Lì vicino un tempo c'era la casrema Saracini. Un pezzo di storia di Falconara è legata al battaglione "Venezia" ed ai soldati di leva che qui venivano a passare la naja un pò da tutta Italia.

Era una bella caserma, con un'ampia mensa, un cinema e spazi di servizio. "Era", perchè è stata lasciata all'incuria del tempo.

Oggi sarebbe un luogo estremamente utile nell'ipotesi di costruire un pezzo di città adeguata alle nuove esigenze di molbilità, abitazione a basso costo, integrazione di migranti... La caserma infatti ha un assetto studiato proprio per favorire la socializzazione di persone proveneienti da luoghi eterogenei. Anche Don Giovanni Varagona, il parroco della chiesa di S.Maria del Rosario di Falconara, propose anni fa il suo utilizzo per accogliere persone a basso reddito e favorirne l'integrazione sociale. Invece di prendere sul serio quella proposta i governanti - con il supino atteggiamento del Sindaco - hanno deciso che la caserma poteva diventare terreno di fondazione del by-pass ferroviario, che infatti passerà proprio nel mezzo dell'area.

Intanto, nell'attesa, la Natura si riprende gli spazi aperti, disgregando l'asfalto dellas trada di accesso verso il grande piazzale dove si svolgemìvano le marce dei militari e creando un bel sottobosco. I tetti sono ormai crollati e le costruzioni sono abitate da topi, istrici e gatti randagi...

Sull'altro alto della strada il manifesto di una mostra d'arte a Sassoferrato, dal titolo "la divina bellezza" crea un grottesco contrasto con la vista dell'intrico di tubi dell'impianto di raffinazione.

Certo che piazzare una caserma davanti ad una raffineria è una cosa da pazzi... e ogni ipotesi di riuso funzionale abitativo (o lavorativo) dell'ex caserma non può prescindere da un percorso di dismissione delle attività inquinanti della raffineria.

E forse è questo il motivo per cui nessuno ha voluto prendere sul serio Don Giò.

I militari che risiedevano nella Caserma Saracini tutte le sere, in libera uscita, si infilavano nell'angusto sottopasso per raggiungere il percorso pedonale posto sul lato della raffineria, usato anche dai pochi lavoratori che raggiungono il posto di lavoro a piedi o in bici. 

 Il Comune insiste nel voler far passare la pista ciclabile (che dovrebbe collegare la città con il fime Esino e proseguire verso Chiaravalle, Jesi e le grotte di Frasassi) proprio qui, portando gli eventuali turisti scesi alla stazione ferroviaria con le loro bici per visitare la vallesina a passare all'ombra della raffineria.... Immagino quanti di loro ritornerebbero subito indietro maledicendo la vallesina e chi ci abita!

Ma certo è che non ci si può aspettare dall'amministrazione di Falconara una qualche sensibilità all'immagine turistica della città e del territorio falconarese. Il turismo, l'ambiente, la bellezza, sono parole che nel vocabolario falconarese assumono un significato vago e surreale, molto diverso da quello dato nei dizionari di lingua italiana.

L'API è una presenza che, nel bene e nel male, caratterizza ormai la città. Dopo settanta anni nè una parte integrante tanto che la città non riesce neanche a pensarsi "senza" la raffineria.

C'è sempre stata una spaccatura in due della città sulla "questione API" che non sempre coincide con chi ha o non ha interessi di lavoro e sostentamento dall'azienda. E' una diversa visione del mondo e della città che separa chi vede nell'Api un segno di benessere e progresso e chi invece la considera una disgrazia e vorrebbe dismetterla.

Camminando a fianco degli impianti mi accorgo che guardando con occhi diversi la medesima realtà (e fotografando lo stesso ambiente con diversa intenzione) posso vedere i pioppi disseccati del filare che doveva costituire una barriera verde verso la strada, evidenziando così un'immagine angosciante di quel luogo, oppure notare i pioppi verdi e i bei oleandri fioriti all'interno dell'azienda che ne danno un'immagine di "raffineria modello", perfettamente in sintonia con il vicino abitato di Falconara e ad esso compatibile.


Gli occhi possono ingannare e presentare al nostro cervello la realtà che, in fondo, desideriamo vedere... Occorre allora approfondire le questioni per cercare di avvicinarsi alla verità e comprendere davvero la realtà. E sono i dati dei casi di tumore al polmone e di leucemia infantile che ci spiegano, più di ciò che crediamo di vedere, in che modo la raffineria si pone nei confronti degli abitanti di Falconara.

Proseguo e scruto, sull'altro alto della strada, quanti degli alberelli che abbiamo piantato di nascosto tempo fa nell'area dello svincolo, hanno attecchito. Poche, troppo poche... delle 70-80 piantine collocate in quella dura terra di riporto solo un acero, un'acacia, un leccio, un pino  e tre cipressi stanno lentamente crescendo...

Qualcuno, più saggiamente, ha tentato di recente di piantare fichi d'india nella parte più piccola dello svincolo stradale... Forse sono piante più idonee all'atmosfera desolata e desertica della zona.

Poco dopo, dietro il supermercato Eurospin, ancora edifici dismessi e semidistrutti.

Sto entrando a Villanova. Un tempo Villanova era l'ingresso di Falconara, ed anche, in qualche misura, una "parte buona" della città, con edifici eleganti e palazzine in stile lungo la strada "nazionale". Ora non si nota alcuna distinzione netta tra gli edifici dismessi di fronte a Fiumesino e questi che si affastellano alle case popolari sorte accanto alle casette di due-tre piani autocostruite già prima della guerra.

Nel punto in cui la vecchia strada della Castellaraccia incontrava la strada litoranea oggi c'è un punto di raduno per la popolazione in caso di emergenza. Un punto di raduno che però è occupato da case-mobili - come quelle in uso dei circhi -  abitate non so da chi (forse zingari?).

Sull'altro lato della strada, a fianco di via Monti e Tognetti (l'unica strada di Falconara che conduce liberamente alla "spiaggia"), c'è l'altra area dismessa della ex Shell, con al centro un bell'edificio anni cinquanta. Il sito è inquinato, come anche la caserma Saracini, la ex Casali, il parco arboreto lungo l'Esino, etc...  Nessuno ha mai chiesto un approfondimento di indagine per vedere quanto sia realmente estesa l'area inquinata e quanto siano realmente esposti gli abitanti della zona all'azione degli inquinanti. Intanto dai pozzi e dagli scarichi delle abitazioni continuano a fuoriuscire esalazioni di idrocarburi...


E' una città abbandonata quella che lambisce la raffineria.. dove i disperati che non possono andare altrove sono costretti a vivere tra grandi complessi dismessi e in degrado. 

 Verso mare c'è l'ex squadra rialzo, che l'Api tiene in ostaggio da anni, poi dentro l'abitato c'è la ex fabbrica Filipponi. Area oggetto di tanti progetti ed elucubrazioni da parte da Comune...con tanti soldi spesi per produrre un bel niente.
 C'era anche una chiesa a Villanova. Ma adesso non c'è più.
E c'era anche una scuola per i bambini del quartiere, che poi è stata dismessa e adesso è addirittura inagbile. Nessuno ci può entrare e lentamente cade a pezzi.

E non è che la chiesa, la scuola, sono state chiuse perchè Villanova ha perso popolazione...o perchè ci sono meno bambini, anzi. Villanova è la zona di Falconara dove forse ci sono più bambini in proporzione al numero di abitanti.

Il problema non è il numero degli esseri umani che qui vivono, ma la qualità degli stessi.
Immigrati, marocchini, bengalesi, rumeni e albanesi, zingari ma anche italiani col pedigree che però hanno la brutta caratteristica di avere pochi soldi... sono loro che abitano oggi in massima parte a Villanova e nella zona nord di Falconara.

Sono quelle che Baumann definì nel suo bel libro "vite di scarto", sono cittadini di serie B.

La si percepisce bene questa cosa prendendosi la briga di entrare nelle areepubbliche a verde attrezzato lungo la strada, nel cuore del quartiere.
Non si può parlare neanche di incuria, che sarebbe già  come dire che l'area verde c'è ma potrebbe essere tenuta meglio.
Qui in realtà l'erba alta è il meno... è che le panchine non ci sono, restano solo blocchi di cemento e altalene senza sedili.  
Sono spazi dove l'idea di lasciare libero un bambino per farlo giocare inorridisce qualsiasi genitore.

E sono spazi contigui allo scalo merci delle ferrovie, dove spesso stazionano vagoni carichi di non si sa che cosa.. ma quel qualcosa il vento lo porta con se nel campetto dove giocano i ragazzini più grandi o nelle finestre aperte delle case...

C'è qualcosa di brutto in tutto questo...qualcosa di cattivo.
E chi- tra noi che abitiamo nella "parte buona" della città e passiamo a volte infastiditi in questi quartieri piena di gente che sentiamo "estranea"- non prova vergogna di fronte a questo spettacolo indecoroso, indegno, è soltanto una brutta persona.

L'altra sera passavo in piazza Mazzini (una delle rarissime volte che esco di sera a Falconara) e percepivo tutto il clamore assordante dell'indifferenza:  la "parte pulita" della città, i falconaresi bianchi, anziani e col pedigree, erano seduti in attesa dello spettacolo serale di turno organizzato dall'Amministrazione comunale. Nella parte nord della piazza - debitamente separata - la "parte sporca": famiglie di immigrati prendevano un pò di fresco e lasciavano correre i loro bambini.  All'ex bar Corallo, seduta in silenzio, la "parte pulita". Sull'altro lato della piazza, al bar Sole (quello col barista cinese), un pò più chiassosa, la "parte sporca". Avevo sete. Mi sono seduto al bar Sole, accanto a un gruppo di rumeni. C'è una birra migliore lì e delle sedie più comode, o così a me sembra.


























































































lunedì 3 luglio 2017

camminando per Falconara 1.4

Quella che si estende verso la strada statale e la raffineria è una vera e propria "giungla" in formazione. Un esteso incolto inccessibile.
In realtà però ci sono alcuni sentieri e si intravedono tratti di recinzione in plastica..
Cosa si cela all'interno di questa terra di nessuno? 
 Perchè compaiono a un certo punto, addentrandosi in uno di questi sentieri aperti nella macchia, segnali vari di pericolo che intimano di non superare il cancello?
Mi chiedo se i vigili urbani o comunque qualche addetto del Comune abbia mai messo piede qui.
Se si sia mai chiesto - come io mi chiedo - che cosa  si celi dietro questo cancello e il perchè dei segnali di pericolo...
Ma ritorno sui miei passi, perchè da queste parti, a girare da solo alle sei di mattina, c'è davvero il rischio di fare brutti incontri....


Dall'altra parte della strada si apre la piana che la separa dalla pista aeroportuale.

Una lunga linea di canne palustri, alte e fitte, si snoda nel prato anch'esso non coltivato.
Sono le canne a denunciare il corso del fosso Rigatta. E' un nuovo segno del paesaggio, quello dei canneti che intasano i fossi, che testimonia dell'incuria con cui la nostra "società civle" tratta i corsi d'acqua.

Che poi il Rigatta è quel fosso che raccoglie le acque del depuratore e dell'aeroporto - per poi passare dentro l'API in una serie di condotte intubate di sezione insufficiente -  che è a  mio modesto avviso il principale responsabile delle recenti alluvioni del quartiere di Fiumesino.

O meglio, non è il Rigatta ad essere responsabile delle esondazioni, ma il restringimento causato dalla raffineria API e la errata posizione dei tubi di evacuazione delle acque della pista aeroportuale.
Per avere un'idea delle incredibili e illecite manipolazioni che sono state prodotte nel fosso nel tratto sotto la strada statale e la raffineria si veda anche l'interessante documentario del "folle" Matteo Montesi:  https://www.youtube.com/watch?v=Sv2zyCM5lsE    che non a caso chiama il Rigatta "la fogna della morte".

Si capirà bene perchè l'acqua del fosso Rigatta non può passare in caso di piena.

Proseguo, e dopo pochi passi ecco il piazzale dell'ex gommista Contini. E' tutto in abbandono, in attesa dell'arrivo del nuovo "mostro" By-Pass. Un'opera che spazzerà via l'attuale assetto di questa parte del territorio. taglierà in due la caserma, determinerà un nuovo ponte sull'Esino e soprattutto andrà ad inferire con un sistema idrogeologico superficiale (e sotterraneo) fragilissimo, con conseguenze ben difficili da prevedere.


Ma del cantere del by-pass ancora non c'è traccia. Aspettiamo.

E da queste parti aspettare, soprattuto la sera, è di prassi. Anche le prostitute si stancano a passegguare e si sono munite di una comoda poltroncina per attendere più comodamente i clienti. Fiumesino - tra la statale verso Montemarciano e questa zona dietro le caserme - è uno dei luoghi più rinomati di protituzione di basso bordo - quella dove le prostitute sono quasi sempre sfruttate e  schiavizzate - a servizio dei bravi cristiani di mezza provincia di Ancona che qui vengono, di nascosto, ad approvigionarsi di sesso a buon prezzo, di trasgressioni da raccontare agli amici del bar.
Beh, per qualcosa Falconara è comunque conosciuta!



Avanzo verso nord, lungo la bella strada alberata del Conventino.

E' una strada antica, importante, che collegava il guado del fiume Esino - il punto di attraversamento fluviale prima che si realizzasse il ponte della Rocca - verso Ancona.
La storia ha attraversato questi luoghi, dall'era dei Piceni, ai Romani, ai bizantini, agli svevi, fino alla costruzione della Rocca priora e del vicino ponte in legno.
Il terreno qui appare ben tenuto. I fossi puliti e ben quotati.
Nell'angolo vicino al complesso dell'ex convento un bel prato alberato stupisce perla cura che contrasta con l'abbandono che domina le aree circostanti


Il merito è dei privati che abitano nel Conventino e che sono proprietari dei terreni lì attorno.

Il modo con cui questi privati mantengono il loro territorio marca la differenza con quanto fanno le amministrazioni pubbliche nelle zone di propria competenza, a partire dagli alvei dei corsi d'acqua, per passare alle cunette stradali, alle capezzagne, alle aree di pertinenza delle società di servizio partecipate che, pur essendo a tutti gli effetti società di diritto privato, conservano il modo di fare tipico della componente pubblica maggioritaria.

Il conventino è semrpe stato considerto a Falconara come un complesso di scarsa importanza. Quasi mai citatonel rare guide turistiche della città.
Eppure questo è l'insediamento più antico della zona, dato che la sua presenza, come "ospitale" per i pellegrini e i viandanti, è testimoniata da prima dell'anno mille.

Non esiste un vero e prorio studio storico-architettonico sul complesso e non si sa , ad esempio, se la chiesa - ricosrtruita ed ampliata nel '500 e poi ancora a fine '700 - fosse in origine nella medesima posizione, come sembrerebbe negare una vecchia mappa del quattrocento.

 Assieme a Franco Budini, che abita proprio accanto alla chiesa, abbiamo avviato tempo fa un rilievo della chiesa che vorremmo estendere anche all'intero complesso, se i proprietari che viabitanoci concederanno di accedervi.
 Sono convinto che uno studio accurato sulle murature e sui materiali di fondazone potranno rivelare cose interessanti su questa chiesa che conserva l'immagine della "madonna del mare", che fu rinvenuta sulla spiaggia nell'allora Marina di Falconara, oggi occupata dalla raffineria.


 La gente di Fiumesino è ancora molto legata alla sua Chiesa, alla quale è collegata da una strada diritta costeggiata da alberi ombrosi.


 Un legame visivo importante che sarà cancellato dall'arrivo del by-pass.
 A metà del viale un terrapieno di oltre tre metri occulterà la vista della chiesa lasciando aperto soltanto il varco della strada.

 Sopra il rilevato, aprotezione delle abitazioni di Fiumesino, verranno probabilmente installate barriere anrìtirumore che, se limiteranno l'impatto acustico, aumenteranno quello visivo e climatico.

 Le brezze di terra che mitigano il caldo-umido della piana di Fiumesino nelle ore di caldo estivo, saranno bloccate e l'abitato di Fumesino si sentirà fisicamente intrappolato tra due margini potenti: la raffineria e la statale, da un lato, la ferrovia in rilevato, dall'altro.
 Temo che questa sarà lamazzata finale per un abitato già provato da decenni di inquinamento atmosferico.
 Ma camminando verso Fiumesino si manifestano i segni della speranza.
Segni sempli, ma inconfondibili:
La vitalità della Natura fa sì che piccoli pioppi germoglino oltre la rete della proprietà del CAF.
 Poco più avanti un orto ben tenuti, ordinato e pulito, mi ricorda che lì vivono i Metrasti, bravissimi falegnami - davvero artisti del legno - costretti ad andare in pensione prima del tempo perchè,di questi tempi, la qualità non paga.
Nell'era dell'Ikea, dell'usa e getta, del "take away",le cose costruite per durare e soprattutto le cose fatte con professionalità ed amore, finiscono per essere giudicate troppo cstose e troppo impegnative. E così l'artigianato - il vero artigianato -  è condannato a soccombere.
 Volgo lo sguardo e il pensiero altrove, per liberarmi dalla sensazione di tristezza,ed ecco che mi viene incontro un bel girasole, nato per sbaglio o per caso, in un campo di foraggio.
E' l'errore che oggi ci può dare un'esile speranza per il futuro. E' ciò che non sta dentro l'attuale sistema delle cose, ciò che "de-lira" ( de-lirare = uscire dal solco) e che per questo però ci spaventa, ci da insicurezza.
Oggi, in una società mantenuta in una condizione di perenne paura (della crisi, del'ISIS, dello straniero, del caos...) è proprio in quella paura che possiamo trovare la via d'uscita, la prospettiva di salvezza.

Non si tratta di tanto di avere coraggio di affrontare le continue battaglie che la volontà di perseguire una vita onesta e vera impone... si tratta di avere la forza di rinascere,lasciandosi dietro il passato,con le abitudini e gli affetti.

Passo di fronte alla casa dell'Ammiraglio De Paolis con cui questi discorsi ho avuto il piacere di fare più volte, fino ad arrivare ad una posizione di contrasto con la sua, ma senza mai far venire meno il rispetto e l'affetto che ci legava e - ne sono sicuro - ancora ci lega, sebbene io sia ancora qui e lui sia già andato altrove.
La sua casa è chiusa. Un pò lo è anche il mio cuore, privato del conforto del suo sorriso.