X FALCONARA

spazio libero di chi vuole un futuro migliore per la nostra città

venerdì 30 giugno 2017

Camminando per Falconara 1.3



Il sottopasso della ferrovia è ricoperto di scritte e pitture murali. 
I sottopassi sono una costante a Falconara, tagliata com'è dalla Ferrovia. 
Forse , non potendo (o non volendo) spostare la ferrovia dalla città bisognerebbe caratterizzare questi percorsi ipogei, farli diventare un motivo di visita...
Installazioni artistiche, effetti di luce... sarebbe un bel tema per un concorso di idee.

Questo sottopasso, in particolre, sbuca sulla prosecuzione di quella che  era un tempo via Castellaraccia, antichissima via di accesso ad Ancona per chi scendeva da nord.
Ci sono ancora i pini a segnalare l'antica continuità con la parte superiore della via, che raggiunge Falconara Alta.
La via è stata tranciata dagli scali ferroviari che sono in attesa di essere dismessi.
Tutto qui sembra attendere qualcosa.... Qualcosa che da decenni non accade.


Quella di via Castellaraccia è l'unica traccia di una qualche struttura urbana che proviene dal passato...il resto è - per usare un eufemismo - informale.
Uno spazio silenzioso, isolato, dominato dai volumi incompiuti dei capannoni e da un piccolo esercito di autotreni-container a servizio del trasporto dei prodotti della raffineria.
Qui tempo fa c'era la Liquigas. E' probabile che tutta l'area -come alla ex Casali, come alla caserma Saracini e alla raffineria .  presenti elevati gradi di inquinamento nel sottosuolo, ma nonostante la presenza del sito inquinato di interesse nazionale nessuno ha mai pensato di estendere degli studi per verificare realmente lo stato dell'ambiente. Tantomeno il sindaco... l'ammistrazione... Tra i loro interessi quello della salute dei cittadini non è certo ai primi posti


Pochi passi ed eccoci alla "ex carbonifera". Luogo di tanti ricordi della generazione che ha vissuto la guerra.
Ma perchè questi manufatti non si riutilizzano per scopi sociali? 
Da anni ormai, ad esempio, il centro sociale Il Kontatto non ha più la sede di via Pojole. Questo sarebbe il luogo ideale per attività giovanili legate alla musica, all'arte e al volontariato sociale...
Ma forse la Falconara di oggi "non è un paese per non vecchi"!



Il lungo viadotto della superstrada domina la zona. Sullo sfondo un capannone incompiuto (ma ricoperto di pannelli solari) esprime tutta l'assurdità dell'occupazione inconsulta di suolo avvenuta fino a pochi anni fa. 
Che ce ne faremo di questi manufatti? E'inevitabiile che si dovrà procedere alla demolizione di molti edifici. Come avverrà questo processo di selezione? Sarà guidato da una qualche programmazione o avverrà in modo "naturale", cioè allo stesso modo in cui è avvenuta la selezione delle abitazioni rurali?Aspetteremo che cadano a pezzi?


Intanto che aspettiamo però anche le infrastrutture che utilizziamo stanno degenerando. 
I soldi per fare le manutenzioni come si dovrebbe non ci sono o sono stornati per fare ancora "grandi opere" e tenere in vita le "grandi imprese" che portano tanti voti alla classe politica.
Visto da sotto, il pilone della superstrada fa paura, coi sui ferri scoperti e i distacchi del cemento...






Ma una giornata di cielo azzurro può ancora sorprenderti e uno stormo di rondini (non so se si riescono a vedere i puntini nella foto sulla destra del viadotto) ha dato spettacolo volteggiando in modo ardito e gioioso attorno alla struttura del ponte, chiamandosi a gran voce (si dice: garrendo, ma è un termine che suona così male riferito alle rondini...).





Sembra di essere in una città fantasma, e invece siamo a pochi passi da Falconara, anzi siamo ancora "dentro" Falconara.
La rampa fa capire quanto sia facile andare ad occupare gli spazi vuoti del capannone. Per qualcuno, senza una casa, anche un riparo come questo può fare la differenza. Una grande differenza.
Sullo sfondo la vecchia fabbrica di Angelini su via Marconi. Pure lei abbandonata da decenni... 


Appena finisce la zona occupata dai capannoni ecco aprirsi un territorio selvatico, dove però c'è traccia di presenza umana: un ponticello sul fosso di Castellaraccia, alcuni orti abusivi...
Nell'insieme questo ambiente mi rimanda moltissimo all'Africa. 
Ricordo che dall'abitazione dove stavamo a Yaoundè, in Camerun, il paesaggio era simile: fabbricati abbandonati accanto a palazzine blindate con alti cancelli e guardie da un lato, mentre sull'altro lato si esteneva un terreno con un fosso e alberi di mango e banani, pochi sentieri, qualche orto e capanne  brulicanti di persone che si muovono con ritmi lenti, su un rumore di fondo incessante di voci e richiami di uccelli.Come qui, una prevadente sensazione di tranquilla precarietà.Come qui, voli di rondini in cielo...le stesse rondini che migrano lungo la rotta usata oggi anche dagli esseri umani. Ma qui manca la presenza gioiosa dei bambini e la vitalità della gente per la strada. Qui non c'è anima viva.





Dicevo delle capanne d'Africa e anche qui, nella "nostra Africa", non potevano mancare gli accampamenti. Ma mentre in Africa ci vivono famglie, coi bambini che alla mattina vanno a scuola con la divisa pulita, qui è un piccolo regno esclusivo, maltenuto e inaccessibile....


Qui comandano i cosiddetti "Rom". Nome che a me non piace, che ha un che di balcanico, mentre preferisco usare la parola che si usava da sempre qui dalle nostre parti: zingari. Che poi che cosa identifichi oggi la parola zingari è difficle dirlo. Non sono i gitani di un tempo...non hanno nulla o quasi dei musicanti, allevatori di cavalli, che frequentavano i mercati.
Sono stanziali. Cittadini italiani che parlano con accento teramano e che sono in gran parte scivolati nella malavita. Ed è questa contiguità al fare malavitoso che oggi li identifica più dell'etnia e che rende indifendibile il loro spacciarsi per una "comunità".

Ora i cavalli non li allevano per venderli al mercato, ma per fare le corse clandestine, imbottendoli di droga fino a farli crepare. E lo fanno davanti agli occhi di tutti (nella foto precedente a lato). I vigili urbani non vedono, la protezione animale non vede. Nessuno vuole avere a che fare con gli zingari. Non per motivi di intolleranza etnica ma perchè sono, di fatto, una specie di cosca malavitosa e come tale pericolosa e vendicativa. Meglio lasciarli fare, anche se si sa che gestiscono la droga, i furti delle abitazioni ei furti di rame... Meglio lasciarli fare e fornire qualche forma di assistenza tanto per utilizzarli - al momento giusto . come bacino elettorale. Perchè sono normali cittadini italiani al momento del voto.

Torneremo su questo argomento allargandolo ad altre situazioni in cui l'appartenenza ad una comunità (etnica, religiosa, etc...) si antepone e contrappone all'appartenenza alla "civis" (la comunità dei cittadini). Cosa che ritengo intollerabile e fondamentalmente "eversiva" all'interno di una società civile democratica. Che poi, nel caso specifico, la presenza di un aggregazione malavitosa (indipendentemente dalla sua radice etnica) non può non attrarre e connettere altre forme di marginalità sociale. Ed ecco infatti poco più in là, sotto le linee elettriche, baracche abitate probabilmente da "sans papier" o da chi non vuole farsi identificare.

Voltando lo sguardo le torri dell'Api dominano questa terra inospitale e incolta...
Se ne sente la presenza, il pesante respiro...  siamo vicini, già troppo vicini alla nostra Morgul.     (continua)





































































mercoledì 28 giugno 2017

Camminando per Falconara 1.2

Riprendo il racconto da dove l'avevo interrotto: il grande complesso incompiuto all'ingresso della città proveniendo da Castelferretti. Un biglietto da visita molto esplicito.

C'è un cartello "Vendesi". E' l'epilogo dell'ennesimo fallimento di una impresa edile? E semplicemente un'operazione rimasta incompiuta a causa della crisi?  Non so. Forse lo sanno in Comune. Forse.... O forse non lo sanno neanche loro...forse non gli importa poi molto di questo luogo di desolazione all'ingresso della città.
Qui i murales li hanno fatti spontaneamente, come accade in tutti i luoghi abbandonati, come a segnare la traccia di esistenze umane anche dove apparentemente non ci sono. Un modo di riappropriarsi degli spazi di rifiuto della città...
Sull'altro lato della strada rispetto agli edifici - sotto al cimitero - quello che avrebbe dovuto essere un parcheggio coperto è una piscina piena di materiali di rifiuto. Un luogo pericoloso, malsano, lasciato al suo (e al nostro) destino. Chissà se ci vive qualche rana, qualche biscia d'acqua...?





Di fronte a tanta gente che una casa non ce l'ha, ai disperati che arrivano da ogni parte del mondo e ai nostri stessi figli - disperati del futuro - condannati alla precarietà e a vivere coi genitori fino a quarant'anni... di fornte ai giovani disoccupati che tuttavia vorrebbero mettere su famiglia come natura chiede a noi mammiferi... di fronte a loro, questo spreco di spazi abitativi appare un'offesa insopportabile. Si spendono soldi per cose futili, per trastullare anziani annoiati, per l'arredo urbano...ma non si pensa a dare una casa, anche temporanea, a chi non ce l'ha.

E se poi qualcuno entra in questi spazi abbandonati (perchè, come si vede, è anche facile entrare) rischia la galera. Noi mandiamo in galera chi cerca un riparo per vivere e magari facciamo la riverenza a chi ruba al prossimo o a chi si divide stipendi e vitalizi  senza alcun merito.... Che razza di società è la nostra?
Chi amministra la "cosa pubblica", chiamato a gestire la nostra comunità, dovrebbe farsi carico dell'acquisto delle case abbandonate e incompiute (si potrebbe farlo a condizioni assai favorevoli in tempo di crisi) per creare case-albergo a basso costo.
In Europa questo accade. A Torino è in funzione da anni una casa-albergo accessibile a persone con bassissimo reddito. Pensiamo a chi è senza lavoro: se gli concedessimo di svolgere lavori di utilità sociale compensati anche solo 10 euro al giorno (molto meno di quanto si spende per "stoccare" gli immigrati nei centri di prima accoglienza) con quei soldi le persone si potrebbero pagare vitto e alloggio in una casa-albergo, evitando di finire per strada e garantedo per se e per gli altri una vita dignitosa.
E invece mandiamo in malora questo enorme patrimonio di case inutilizzate così che quando si deciderà di usarle ci costerà migliaia di euro in più il solo recupero. E magari ci sentiamo infastiditi dalla presenza dei clandestini, dei senza casa. E li scansiamo come fossero appestati...

Penso davvero che questa società - ciò che resta di quella che chiamiamo "civiltà occidentale", sarà travolta dallo scarto che continua a produrre: vite di scarto, edifici di scarto, rifuti e discariche... L'abbandono è come un cancro che si forma all'interno delle nostre città e si propaga. Volto lo sguardo dall'edificio incompiuto della ex Casali e vedo gli enormi palazzoni popolari degli anni settanta dove avviene la mutazione: case dove prima entrano inquilini stranieri e poi restano sfitte, con cartelli vendesi ormai logori... 
Le metastasi dell'abbandono si propagano ad una velocità impressionante e se pensiamo a quanto ci costerebbe risistemare questo degrado capiamo subito che è un conto che cresce di giorno in giorno, di ora in ora. Un conto che non riusciremo a pagare...
Molti di questi edifici, il cui valore è sceso fino ad uscire dal mercato edilizio, a breve saranno un problema. Alcuni già lo sono. Un problema di sicurezza, perchè la mancanza di manutenzione li farà cadere a pezzi. 
C'è bisogno di una reazione forte, di una svolta formidabile nel concetto di proprietà, di esproprio di ciò che non è ben tenuto, di capacità operativa e di competenza delle pubbliche amministrazioni. Una reazione poderosa che non si riesce nenche ad immaginare quardando alle asfittiche manifestazioni della politica di oggi, lontana anni luce dai problemi reali del Paese.
Mentre sono immerso in questi pensieri, eccomi di fronte al sottopasso della ferrovia che si apre come l'antro di una caverna.
Dall'altra parte troverò la città mai nata.Quello strano spazio in parte ancora in attesa di una trasformazione mai arrivata e in parte soggiogata dalla presenza della raffineria che sembra gettare un ombra oscura attorno a se, come la torre di Minas Morgul (la città morta) della saga del Signore degli Anelli.
Là incontrerò quella città che i falconaresi non vogliono vedere. La città che i politici continuano a fantasticare guardandosi bene però dal frequentare o dal cercare in qualsiasi modo di modificare davvero.
La tutto senbra essere pronto per l'arrivo dei Nazgùl... che però dicono abbiano bisogno di costruirsi una strada. Alcuni pensano che a questo serva il "by-pass API" .  (continua)






































































lunedì 26 giugno 2017

Camminando per Falconara 1.1

A 56 anni bisogna cominciare ad ascoltare i consigli degli amici medici che si preoccupano della tua salute. In diversi mi hanno detto: "dovresti camminare tutti i giorni, almeno un'ora al giorno". E io, sebbene non abbia una fiducia incondizionata nella scienza, gli ho dato retta. Ho iniziato ad alzarmi presto la mattina e camminare un'oretta, tutti i giorni. Devo dire che mi sento davvero meglio, ma un'ora passata soltanto a camminare per i primi giorni è stato anche divertente, poi, lentamente, è diventata abitudine e quindi noia. Che fare?  Per riempire quel tempo perso ho inziato allora a fare foto, osservando Falconara nelle cose buone e in quelle che non vanno. Si è aperta a poco a poco una attenzione nuova ad ogni dettaglio, con rimandi alla memoria dei luoghi ed alle loro possibilità di riqualificazione. L'intenso accorgersi di un "presente" che contiene in sè il passato ed il futuro.
Mi è venuta così anche la voglia di raccontarvi questa mia - questa nostra città - amata, odiata, ancora capace di commuovere e di farci infuriare. Una città troppo abbandonata a se stessa, mai presa davvero sul serio, mai considerata davvero importante. Una città che soffre per mancanza d'amore...i cui figli guardano altrove e non le rivolgono quasi mai un'attenzione sincera, o un semplice sorriso.


























Uscito di casa, lungo via Martiri della Resistenza, mi godo il fresco dei pini. La dicsesa sotto il Comune vecchio lancia la prima prospettiva sul mare. Chi dice che Falconara è una brutta città di certo non l'ha maiconosciuta o ha dei motivi per denigrarla, per gettare chi la abita nella depressione.
Mi imbatto in una delle ultime opere del compianto Matt: i gatti disegnati sulla prima casa di via Buozzi. Immagino cosa sarebbe questa città se tutti i muri ciechi - frequenti e talvolta enormi - fossero dipinti a tema da giovani e  bravi artisti. Basterebbe questo per riempire la città di bellezza anche nelle sue difformità. Questa idea dei murales tornerà più volte perchè è lacittà stessa a evocarla.

Poco più avanti , sotto i giardini dei Frati, due bellissime palme richiamano l'anima mediterranea che questa città, pur sferzata dalla bòra, conserva dentro di se. I giardini di Falconara sono talvolta di una bellezza inaspettata. Bisognerebbe indire un concorso annuale e premiare i giardini più lussureggianti, i fiori biù belli...dare valore a ciò che è curato e ben fatto.





Il taglio visivo sul campanile dei Frati è occultato dai cassonetti dell'immondizia. Le strade della città sono infestate dai cassonetti. Quanti posti auto si libererebbero togliendo i cassonetti dalle strade e gestendo la raccolta dei rifiuti finalmente col metodo porta a porta?  Falconara ha un livello di raccolta differenziata tra i più bassi della regione e spende fior di quattrini di sanzioni per non rientrare da anni nei parametri imposti dall'Europa in materuia di rifiuti. Gli amministratori dovrebbero pagare di tasca propria questa inefficienza invece di caricarla sulla bolletta dei cittadini!





Ma ecco che la città mi predispone di nuovo al buonumore: via Buozzi è segnata dal bel filare di lecci che fanno filtrare la prima luce del mattino. Basterebbe poco per dare la dovuta dignità a questa passeggiata: togliere l'assurdo guard-rail e sostituirlo magari con un muretto in cui sia possibile sedersi....






Ancora pochi passi e la strada aumenta la pendenza. Prima di toccare la pianura sulla sinistra ecco la vecchia bottega di Trillini, il bravo fabbro. E' in rovina. Ricordo il tono burbero ma al contempo gentile di Ivano, l'ronia, il suo accento da vero falconarese, l'odore di ferro del suo angusto laboratorio.  Bisognerebbe mettere una targa a memoria delle brave persone che hanno vissuto e lavorato in questi luoghi. Persone care alla memoria di molti. Ancora vive nel cuore di molti.


Raggiungo il piano e svolto verso l'interno. Ecco che il marciapiede è interrotto. Si è costretti a passare in mezzo alla strada, col pericolo di verìnire falciati dalle auto .  Intorno a me un pezzo di città non finita...uno scarto di città. Il primo che incontro camminando verso nord.
Là dove c'era la prima attività della Casali, che ha inquinato il sottosuolo di idrocarbuti e metalli pesanti, ora c'è un gigantesco cumulo di volumi e cemento.
Ma ora non ho voglia di parlarvene... forse domani. 

(continua)