X FALCONARA

spazio libero di chi vuole un futuro migliore per la nostra città

giovedì 23 maggio 2013

La proprietà della politica

Si fa presto a dire di auspicare un cambiamento nella politica, ma in concreto che cosa e come si vorrebbe cambiare? Quali sono, in altri termini, le radici che hanno alimentato la crescita della malapolitica e come possiamo estirparle?
Spesso sentiamo prediche e sermoni sull'etica e sullo spirito di solidarietà come principi su cui si dovrebbe fondare il rinnovamento della politica. Alcuni guardano per questo motivo ai gruppi del volontariato come a nuovi salvatori, come fossero "alleati" pronti a sbarcare sui nostri lidi per salvare il Paese dalla casta corrotta e turpe che ci governa.
Io penso che le radici della malapolitica  siano ben più profonde e nascoste nel nostro pensiero, sempre troppo maledettamente superficiale e frettoloso.

L'altra sera, mentre assistevo alla conferenza dei candidati sindaco sulle questioni dei quartieri di Palombina e Fiumesino, sono rimasto colpito dalla discussione sorta intorno alla questione del by-pass. In risposta di una polemica avanzata dal candidato del M5S, che lamentava l'assenza degli altri gruppi politici all'iniziativa della presentazione ai parlamentari grillini marchigiani di una interpellanza sul tema, da sottoporre al Governo, il candidato delle liste civiche FbC e CiC (il solitamente temperante Riccardo Borini) ha perso le staffe, affermando che non si può fare una simile iniziativa a dieci giorni dalle elezioni e, soprattutto, rivendicando che nei suoi gruppi c'è gente che segue quella vicenda da anni, accusando pertanto il candidato 5 stelle Frapiccini di voler appropriarsi dell'argomento a fini elettorali.
Il tono usato, doppiato dalle urla provenienti da fondo sala di chi sosteneva che fosse stata interpellata solo una parte dei comitati cittadini, mi ha dato la netta sensazione che il tentativo di spiegare i motivi dell'iniziativa del M5S sarebbe stato del tutto inutile.
Tentare cioè di spiegare che anche tra coloro che sostengono il M5S ci sono persone che, come il sottoscritto, si battono da anni sulla vicenda del by-pass; che il M5S no poteva fare quell'iniziativa "prima" perché le parlamentari marchigiane si sono insediate appena un mese fa; che il documento è stato concordato col comitato di Fiumesino il quale ha partecipato alla conferenza leggendo anche un suo comunicato; che nulla impediva al comitato di Villanova - ancorché si sia schierato politicamente in CiC - ad una iniziativa alla quale CiC, come tutte le altre forze politiche, era stata espressamente invitata su facebook; che più volte era stato richiamato il fatto che il M5S non volesse mettere il cappello sulla questione by-pass, auspicando anzi che quella divenisse l'occasione di condividere, con tutte le forze politiche falconaresi, una iniziativa per il bene della città...
Inutile...perché quella reazione inaspettatamente rabbiosa non chiedeva spiegazioni ma usava un tono perentorio ed inappellabile. Un monito mosso dalla convinzione che si fosse trattato di una violazione di un diritto, di una proprietà politica che si estende su questioni ed argomenti.
Un tempo lo si chiamava "spazio politico" ed ogni partito ne rivendicava la proprietà intellettuale per cui c'era quello di destra, distinto in destra sociale e destra liberale, quello del centro popolar-cattolico, quello della sinistra, distinta in socialista e comunista.
Guai se qualcuno di sinistra osava fare propri temi ed argomenti della destra, o viceversa. Avremmo assistito a reazioni dure e ad affermazioni perentorie come" attento! stai entrando i un terreno che non è il tuo!". Affermazioni del tutto simili a quella usata sempre da Borini quando il candidato del M5S lo ha contraddetto su questioni attinenti il welfare: "attento!, stai entrando in un terreno minato!".

Le parole non sono cose da poco. Le parole rivelano un pensiero.
Rivendicare uno "spazio politico" come fanno certe liste civiche che pur dicono di mettere al primo punto la partecipazione dimostra che le radici della pianta che si vorrebbe mostrare essere nuova sono in realtà le stesse che alimentavano già la malapolitica e la logica settaria dei partiti.
Per carità, anche nei partiti c'era e può tornare ad esserci la partecipazione, ma questa si riferisce sempre ad un gruppo di cittadini, solo a quelli che condividono quelle idee e quei simboli o quei percorsi.
Il problema di fondo è l'interposizione tra il singolo cittadino e la comunità di tutti i cittadini, di un gruppo. Una entità in cui il cittadino si trova a riconoscersi prima che nella comunità di tutti i cittadini.
Che si individui questo gruppo in una ideologica, in una fede, in un partito o nell'insieme dei gruppi di volontariato, siamo sempre nella stessa interposizione tra l'individuo e la comunità di una entità che finisce comunque per dividere i cittadini "a priori" in affiliati e non, fedeli e non, simili e dissimili, buoni e cattivi.

E' qui il punto. La partecipazione attiva, quella che parla a tutti i cittadini, è davvero un'altra cosa. Non ammette interposizioni e filtri. La partecipazione di tutti i cittadini può esprimesi davvero solo nella democrazia diretta dove ognuno vale uno e si presenta "nudo" nella comunità. Ha a che fare con una politica senza proprietà o spazi esclusivi, senza bandiere, senza copyright, che vuole davvero riscrivere le regola della democrazia eliminando ogni forma di delega. O delega o partecipazione, non c'è scampo. O vecchio o nuovo sistema.

Alcuni ancora mi chiedono perchè mi sono allontanato da CiC ed ho ripreso il mio cammino con il M5S. 
Ma perchè mi fate ancora questa domanda?

sabato 11 maggio 2013

MANDIAMOLI A CASA!

Ancora una volta ci tocca di assistere alle solite patetiche conferenze elettorali in cui i candidati a Sindaco fanno l'elenco delle promesse e parlano in politichese di tavoli, concertazioni, consulte e finnziamenti europei, eccetera, eccetera...  condendo il tutto con lo sfoggio di idee strampalate che i contendenti si misurano, si copiano, si tengono nascoste come fanno i bambini con le figurine dei calciatori.
E soprattutto i candidati si mettono in vendita come prostitute ai margini della strada: "io ho fatto questo!, io so fare quest'altro! io faccio quello che vuoi!, io ci so fare!"
Ieri sera alla sala consilare di Falconara Alta gli artigiani erano lì ad assistere alla sfilata dei politici per decidere a chi affidare il proprio incerto futuro.

L'unica voce fuori dal coro, alla quale proprio per questo i politici mostravano i denti ringhiando e sussurrando appellativi come "buffoni", "pagliacci", "populisti" è stata quella del candidato del M5S - evidentemente non un politico di professione - quando ha sbottato dicendo "Mandiamoli tutti a casa!" dopo aver assistito all'ennesimo, stucchevole, screzio amoroso tra il rappresentante del PD e quello del PdL.
Quell'unico moto di spontaneità, venuto guarda caso da un semplice cittadino, ha messo in movimento il mio cervello già in stand-by per l'effetto narcotico di quello scadente dibattito, liberando così una sequenza di pensieri e di interrogativi:
Ma che cosa hanno fatto "davvero" i politici per la città ed i cittadini in questi anni? Quale prospettiva hanno saputo creare?  A gestire le cose come le hanno gestite non è forse capace - o è persino migliore - un semplice cittadino?  Quindi: abbiamo davvero bisogno di loro? Bravi veamente solo quando c'è da prendere, come sanguisughe attaccate al corpo martoriato del popolo? Non è forse così che un lavoratore autonomo vede oggi la classe politica quando ha a che fare con la loro burocrazia, coi loro balzelli esattoriali, con equitalia ,...?
Così pensavo, e rivolto agli artigiani mi veniva da gridare: "ma guardateli! e voi dareste le chiavi della vostra casa a loro? e che cosa vi aspettate che facciano della vostra casa, che la migliorino?"
E' davvero venuto il momento di dire basta con le deleghe. Alla nostra casa ci possiamo pensare da soli.
La sera, dopo il lavoro o il sabato, ci possiamo mettere on-line e gestire la nostra casa assieme agli altri cittadini della nostra comunità, grazie ai nuovi strumenti informatici di cui (ovviamente) i politici non parlano.
In questa crisi di sistema, di cui i politici sono, se non proprio la causa, gli ingranaggi essenziali, dobbiamo sapere che nessuno verrà a salvarci, tanto meno quegli scialbi figuri allineati dietro un bancone che mettono in mostra le loro millantate virtù. 
Se vogliamo riprendere a navigare dobbiamo liberarci delle zavorre (come i politici), stringerci la mano, rimboccarci le maniche e lavorare tutti assieme.
Solo con le nostre forze, tutti i cittadini uniti in un gioco di squadra, solo così con determinazione e passione ce la possiamo fare.   Adesso è il momento: alziamo le vele: ooooh, issaaaaa!


lunedì 6 maggio 2013

Stato sociale: quale Stato per quale società ?

Tra i temi della campagna elettorale per le amministrative 2013, quello del welfare, cioè dello Stato sociale, è uno dei più dibattuti.
La crisi economica e il disagio sofferto da fasce sempre più grandi di popolazione riporta al centro della vita civile il ruolo dello Stato come tutore del benessere sociale.
Tuttavia i modi e gli strumenti con cui si continua a declinare questo ruolo sono quelli di sempre, basati sul modello assistenziale e su un rapporto tra dimensione privata  e dimensione pubblica, in ciascun cittadino,  fondata sul primato della "privacy" rispetto alla dimensione sociale.
In altri termini ci si aspetta che lo Stato provveda alla dimensione sociale, mentre il cittadino si cura fondamentalmente solo della sua sfera privata. Le tasse d'altra parte sono l'impegno - già ingente - che lo Stato chiede al cittadino per gestire la cosa pubblica e coprire le lacune proprie di una società, quella capitalista,  che genera per sua natura diseguaglianze.

Il problema è che nel frattempo lo Stato e la Società sono profondamente cambiati e quegli strumenti e quella stessa visione dell'essere cittadino non sono più adeguati, non reggono più.
Lo Stato appare incapace di fare fronte alle necessità di una società che pone nuove questioni, mai affrontate prima, rispetto alle quali si può intervenire soltanto attraverso nuovi strumenti. Quelli vecchi non sono più buoni.

Facciamo alcuni esempi: 
la disoccupazione strutturale, destinata secondo gli esperti a stabilizzarsi attorno al 30% della popolazione attiva e finanche al 50% della popolazione giovane determina una situazione sociale di cui non abbiamo neanche memoria, che probabilmente la civiltà occidentale, almeno in tempi recenti, non ha mai vissuto.
Possiamo davvero credere di poter affrontare la dimensione del problema con le sole lotte sindacali e con la cassa integrazione? Certo che no, saremmo destinati a sopravvivere uno, forse due anni, poi sarebbe la rivolta civile. Servono modalità nuove, legate al lavoro di utilità civile gestito ed organizzato dalle amministrazioni pubbliche. Servono nuove assunzioni di responsabilità civica di ogni cittadino che deve sentire la dimensione sociale tanto "sua" quanto quella privata. Una nuova idea di cittadinanza, partecipe attivamente della cosa pubblica nei diritti ma anche e soprattutto nei doveri e nelle responsabilità. Allo stesso modo questo cambiamento di orizzonte verso il sociale deve coinvolgere le imprese che operano nel territorio.
Un altro esempio è l'incidenza della popolazione anziana. Anche qui una dimensione sociale mai vista prima dove gli "anziani" raggiungono quasi la metà dell'intera popolazione.  Oggi dobbiamo baciare le mani a quelle badanti dell'est che vengono a prendersi cura dei nostri vecchi; persone che hanno lavorato una vita e che oggi la società, incapace di provvedere a loro, abbandona come inutili relitti. Ma è lo Stato che dovrebbe trovare soluzioni adatte a fare in modo che gli anziani siano ancora parte della società e affidare un ruolo a coloro che sono ancora attivi e hanno da "dare" agli altri ovvero assisterli attraverso il lavoro dei giovani.

Quando si parla però di "cittadino nuovo" e di "stato nuovo" non dobbiamo mettere in discussione il rapporto  costitutivo per cui i cittadini "formano" lo Stato e quindi riconoscono in esso una "istituzione" da cui dipende l'organizzazione del sistema sociale.  Il cittadino "partecipa" allo Stato, "è" lo Stato, e pertanto non può pensare di sostituirsi ad esso, di essere ad esso alternativo.
Con questo voglio criticare chi pensa, ad esempio, che la soluzione all'incapacità dello Stato di fare fronte ai bisogni della società possa essere risolta portando il mondo del volontariato a svolgere ruoli istituzionali, sia che si tratti di un'amministrazione locale che di un settore specifico come il welfare.
L'idea che una struttura, come la rete del volontariato, divenga istituzione dello Stato o peggio alternativa ad essa è inaccettabile e fondamentalmente eversiva. E' come creare una struttura nella struttura che non si sa bene a chi risponda ma sicuramente non allo Stato, altrimenti che necessità avrebbe di esistere? 
Lo Stato è uno ed è l'insieme dei cittadini. Uno e laico. La Costituzione non prevede deleghe ad altre entità.
Il volontariato è importante se e in quanto manifesta la volontà di mettersi al servizio del Bene comune, Ma il tutore del Bene comune ha un solo nome: Stato.
E' il cittadino a doversi fare volontario nella nuova società, senza necessità di altre strutture ed organizzazioni che troppo spesso sono interpreti di particolari idee, di particolari credi, o semplicemente di individui che, in quanto volontari, si sentono "migliori" di altri, come da bambini, quando la maestra segnava sulla lavagna l'elenco dei buoni e dei cattivi.