X FALCONARA

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domenica 30 ottobre 2011

Ombre

Un amico che lavora in Regione mi ha confidato che molte persone sono rimaste male dal tono del mio post "finchè se magna".
Ho spiegato a questo amico che la durezza del tono usato dipende in gran parte dal fatto che io per primo sono "rimasto male" di fronte a certi atteggiamenti che non si possono certo definire "corretti" nè tanto meno "amichevoli" di alcuni tecnici dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Ma ecco che nel momento stesso in cui, pur senza prendere le distanze dalle mie affermazioni, mi chiedo se forse ho ecceduto nei toni, arrivano puntuali le conferme che mi fanno diere che no, non c'e altro da fare che continuare a dire le cose come stanno, senza remore o esitazioni.
Mi riferisco a due articolioni sui giornali comparsi nei giorni scorsi a seguito delle giuste polemiche sullo stato di incuria in cui si trovano i fossi e i fiumi della regione.
Il primo, a firma di Mario Smargiasso, segretario dell'Autorità di Bacino, descrive come la mancanza di fondi renda praticamente impossibile fare ciò che si dovrebbe fare per una corretta gestione dei corsi d'acqua.
Il secondo, a firma di Massimo Sbriscia, responsabile per la Provincia di Ancona dei lavori sui fiumi, spiega gli interventi che sono in programma lungo il Misa per mettere in sicurezza sponde e argini.
Non sono certo i cntenuti degli articoli ad avermi indignato questa volta - sono contenuti quasi totalmente condivisibili, specie quello di Smargiasso - ma il modo con cui i massimi responsabili tecnici della situazione ntervengono per difendere se stessi e la loro certo scomoda posizione.

Ognuno è libero di comportarsi come vuole, nè il fatto che io mi sarei comportato diversamente è un buon motivo per accusare qualcuno. Sta di fatto che la mia opinione è che una persona chiamata ad una precisa responsabilità non può venirsene fuori declinando quella stessa responsabilità.
Mi spiego meglio.
Quando assunsi un incarico di responsabilità pubblica, sebbene a livello politico e non tecnico, come assessore nel Comune di Falconara, lo feci in base ad un preciso impegno programmatico. Un impegno verso la cui riuscita io ero responsabile nei confronti degli elettori. Dopo un anno di lavoro, preso atto dell'impossibilità oggettiva di lavorare come avrei voluto, osteggiato dagli stessi "alleati" politici, decisi che era giusto dare le dimissioni.
Smargiasso invece pur dichiarando l'impossibilità di svolgere la propria mansione come si dovrebbe, rimane al suo posto.    E qui niente di male, perchè ognno si comporta come crede di fronte al proprio operato. Ma poi esce pubblicamente sui giornali come a voler dire che non è sua la colpa di una inadeguata gestione del dissesto idrogeologico. Ecco, questo mi sembra scorretto.
Toppo facile essere pagato per un incarico di responsabiltà e poi dire che non si è responsabili.
Mettimaoci nei panni di u cittadino colpito dagli effetti della malagestione del territorio. Con chi se la deve prendere se anche il "responsabile" non è responsabile? col destino crudele? col Fato?
No. O si sta al proprio posto e si accettano le conseguenze dei proprio ruolo o si dice apertamente che non si è in grado di operare e ci si dmette.
Quanto all'Ing. Sbriscia, devo solo dire che disertare un confronto pubblico inerente il proprio lavoro, dove rendere conto del proprio lavoro, per poi, lo stesso giorno, scrivere sui giornali la propria versione delle cose, non è certo testimanza nè di coraggio nè di convinzione della giustezza delle proprie azioni.
Anch'io, cari signori, sono "rismato male" dai vostri atteggiamenti.
La differenza è che io continuo a restare al sole, in modo che mi si veda bene e chiaro, voi invece preferite restare nell'ombra.
Ma io, al sole, vi aspetto, perchè prima o poi dovrete uscire...

martedì 18 ottobre 2011

divide et impera

Il solito gioco. Il potere ha ripetuto il solito gioco e ci siamo cascati ancora. Eppure questo giochino è noto fin dai tempi antichi... Era già vecchio ai tempi di Roma che lo conoscevano sotto forma di proverbio: "divide et impera".
Alla fine, quando non ci sono più altre strade, si ricorre sempre alla "cagnara", al polverone. Se provate a mettere in difficoltà un politico in pubblico, con argomentazioni vincenti, assisterete alla sceneggiata della "bagarre": prima alzerà la voce, il discorso si farà veemente, poi passerà agli insulti e fingerà perfino di venire alle mani...
Di fronte a oltre duecentomila cittadini e di fronte alle loro sacrosante ragioni, che cosa pensavamo facesse il potere? E' sufficiente dare spazio ai facinorosi (ci sono sempre, basta individuarli e lasciarli fare...) e contrapporre loro le frange più esaltate e neofasciste tra le forze dell'ordine. E così finisce in guerriglia e ogni cosa si offusca al fumo dei lacrimogeni. Rimangono le immagini delle auto bruciate e un senso di fastidio per "la gente che va in piazza a fare casìno".
Quando il potere è alle strette la guerra è uno dei rimedi più efficaci.
Ormai dovremmo aver capito come il potere si comporta e dovremmo agire di conseguenza!

Il potere vuole il popolo diviso e riproietta in queste divisioni ogni antagonismo nei suoi confronti. Il potere - lo stesso che ha creato il sistema dei "partiti" come gruppi antagonisti e competitivi - ci vuole "partigiani".

Di fronte al potere dobbiamo presentarci con modi nuovi e nuove forme di identificazione:

1 - non servono le adunate oceaniche e le marce su Roma, più efficaci sono le manifestazioni diffuse, dove la gente può esprimersi "sotto casa", senza bandiere o servizi d'ordine.
2 - noi siamo il "popolo" e le forze dell'ordine fanno anch'esse parte del "popolo". Così come è sbagliato identificare chi manifesta con quei pochi idioti che fanno casìno, così è sbagliato identificare la polizia con quei pochi esaltati neofascisti. Iniziamo ad applaudire alla polizia durante le manifestazioni, rifiutiamo di contrapporci. Aiuteremo così i poliziotti onesti a reagire di fronte a chi li vuole usare come cani da guardia.
3 - individuiamo i veri soggetti del potere, distinguiamoli dai servi e chiamiamo per nome gli uni e gli altri.
4 - isoliamo i violenti e quelli che si presentano "a nome del partito" o di una qualsiasi fazione. Riconosciamo come cittadini quelli che si presentano come tali, col proprio nome e cognome.
5 - iniziamo ad attuare forme organizzate di disobbedienza civile. Dimostriamo in concreto che non riconosciamo più questa classe dirigente come nostri rappresentanti e gestori della cosa pubblica. Ad esempio si potrebbe organizzare la "giornata del commercio equo" in cui nessuno mette piede in un supermercato. O le domeniche solidali, dove i cittadini sistemano le aree verdi vicino casa o aiutano i senza tetto... Cose semplici, dove tutti possano partecpare come protagonisti, artefici del cambiamento.
6 - meno discussioni e più azioni.

Il potere è alle strette...a questo punto soltanto noi possiamo perdere o vincere la partita.

giovedì 13 ottobre 2011

finchè se magna...

Il post qui scritto, forse in un momento di esasperazione, sulle questioni che mi vedono - mio malgrado - coinvolto nella gestione dei corsi d'acqua, è stato da me volontariamente rimosso per non dareadito ad equivoci.
Mi sono giunte infatti segnalazioni che quanto scritto avrebbe offeso alcune persone le quali vi avrebbero ravvisato un attacco personale. Nulla di più sbagliato.
Questo non perchè non esistano responsabilità personali su come vengono gestite le cose, ma semplicemente perchè le mie considerazioni non erano rivolte a questa o quella persona, ma alla critica (intendendo per critica l'evidenziazione dei problemi senza reticenze, per poterli affrontare e risolvere positivamente) di un sistema, di un modello di gestione della cosa pubblica che, a mio avviso, non funziona.
Se qualcuno si identifica nella funzione che esercita tanto da non distinguere la propria identità dalla struttura di cui fa parte, questo è un suo problema.
E' come se, criticando il gioco di una squadra di calcio, un giocatore si sentisse offeso sul piano personale. Sono evidentemente due cose distinte l'essere giocatore dall'essere parte di una squadra, o, come diceva Totò, l'essere uomini e l'essere caporali...  o almeno, così dovrebbe essere.