Nessuno è obbligato a fare ciò che non può
Alcune persone, se disgraziatamente vengono a trovarsi in situazione di difficoltà economica, trovano lecito giustificare con quello stato di disagio la pratica di atti che vanno contro le regole della convivenza sociale. Altre persone, che si trovino nel medesimo stato, non osano tuttavia trasgredire a quelle regole e anzi le rispettano e le praticano ancora di più, cercando attraverso quelle la solidarietà degli altri.
La storia ci insegna che proprio il rischio della crisi economica è una delle ragioni che spingono i governi alla guerra, nel passato come nel presente. La crisi energetica imminente è probabilmente il motivo su cui l'occidente tende a ritenere accettabile anche la guerra in Iraq.
D'altra parte sono proprio le crisi economiche ed i disastri più gravi a spingere la popolazione verso i momenti di solidarietà e di unione più alti. Si pensi alle genti colpite dal terremoto, dalle guerre o dalle carestie.
Da che cosa dipende questa differenza? Forse dall'importanza che diamo al denaro? O forse dall'importanza che la nostra cultura da all'economia, tendendo sempre a sopravvalutare il peso che hanno nell'opinione pubblica le questioni economiche rispetto a quello che hanno i valori umani e civili. Salvo poi imputare alle nuove generazioni il disinteresse per quegli stessi valori.
Ma questa sovraesposizione delle questioni economiche, che si palesa nella nostra cultura, nella politca come nell'amministrazione, deriva da una forma di deviazione nella percezione delle cose od è guidata da precise ragioni di convenienza? Deriva da una particolare interpretazione della morale o manifesta il desiderio di liberarsi dagli obblighi morali?
Non ho maturato ancora risposte esaurienti a queste domande e mi piacerebbe avere un contributo in merito da chi legge queste righe.
Certo è, però, che arrivare a vendere delle scuole per fare fronte alla situazione di diffioltà economica del Comune mi ha lasciato e continua a lasciarmi fortemente perlplesso.
Anche in questo caso, alcuni sostengono che la gravità della condizione economica e la necessità di evitare l'arrivo del Commissario prefettizio, giustificano un'azione che, ovviamente, in condizioni normali nessuno si sognerebbe di fare. Altri invece ritengono che questa azione non trova giustificazione a prescindere dalla situazione economica, e raccolgono firme per opporsi alla scelta fatta dall'Amministrazione.
Certo è, però, che un Commissario una scelta del genere non l'avrebbe mai neanche pensata.
Con questo non voglio sostenere che il Commissario sarebbe più responsabile e saggio del Sindaco. Il problema è di altra natura.
E' peraltro un fatto che da più parti si sottolinea l'importanza sociale e gestionale di mantenere uniti i complessi scolastici e di consentire ai bambini, il più possibile, di raggiungere la scuola a piedi e di fare della scuola stessa un luogo apero alla città (uno dei 10 indicatori europei sulla sostenibilità è legato proprio al legame scuola-città ed all'accessibilità pedonale alla scuola - vedi: indicatore n° B.6 - Spostamenti Casa–Scuola dei bambini).
Tuttavia non è questo il motivo per cui sostengo che un Commissario non avrebbe mai pensato di trasferire le Peter Pan. Non mi aspetto certo che un Commissario sia più preparato del Sindaco sulla sostenibilità ambientale e sociale delle scelte, o abbia una qualche inclinazione particolare per queste tematiche.
Il Commissario non avrebbe mai pensato di trasformare le scuole in edifci residenziali per rispetto nei confronti della città. Perchè le scuole (come le palestre, i centri anziani e gli altri servizi) non sono "roba sua" ma appartengono al popolo. E solo il popolo ha diritto di decidere sull'utilizzo del proprio patrimonio!
Proprio come la persona che si trova in difficoltà economica giustifica l'appropriazione di cose appartenenti ad altri come se quel suo stato di necessità trasformi un'azione illecita in una lecita, così all'interno dell'Amministrazione di Falconara c'è chi, stante la grave crisi economica, si sente in diritto di usare il patrimonio dei cittadini come ritiene più giusto senza neanche ascoltare il parere dei legittimi proprietari e dei fruitori del servizio. E non si può sostenere, come ho sentito dire, che una scelta del genere rientra nel normale esercizio di rappresentanza affidato all'Amministrazione dai cittadini attraverso il voto... al contrario, con queste scelte e soprattutto con questo modo di fare si sta venendo meno al mandato dei cittadini, che è fondato sul rispetto e sul riscontro; non è un assegno in bianco su cui si può scrivere di tutto.
Non si può giustificare tutto in nome del risanamento. Nessuno è obbligato a fare ciò che non può, o non è giusto fare. "Non di solo pane vive l'uomo" diceva un tale. Uno dei tanti sognatori rompiballe, a vostro giudizio...
Carlo Brunelli
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